In India il sistema di suddivisione sociale delle caste è stato ufficialmente abolito nel 1956 quando il paese ottenne l’indipendenza dall’Impero Britannico e stipulò la sua prima Costituzione. Nonostante questo, e nonostante tutte le norme che i vari governi indiani negli anni hanno deciso di promulgare per abbattere le discriminazioni legate all’appartenenza di casta, ancora oggi far parte di un determinato gruppo sociale piuttosto che di un altro, può fare la differenza tra la libertà e la prigionia. Un esempio recente arriva dalla cronaca: una ragazza di appena 18 anni è stata vittima di violenza sessuale da parte di 60 uomini per cinque lunghi anni. La ragazza ha trovato il coraggio di denunciare i suoi aggressori, tra cui il suo allenatore e il padre che “organizzava gli incontri” sotto compenso, dando il via ad un caso giudiziario e politico che ha scosso il paese, anche a causa del fatto che la giovane fa parte della casta dei Dalit, la più bassa della religione induista.
"C'è un report dell'Onu secondo cui una donna Dalit vive in media 14 anni di meno di una delle caste superiori. E ancora oggi in India nelle campagne si può essere lapidati o uccisi per un matrimonio misto, tra caste diverse" ha raccontato in un’intervista alla redazione di SkyTg24 Meena Kotval, ex giornalista della Bbc oggi impegnata in diversi progetti che lottano contro l’esclusione sociale di gruppi come i Dalit in India.
I Dalit, letteralmente gli “oppressi”, sono anche detti “fuori casta” o “paria”, in quanto avendo violato le norme della loro casta di appartenenza ne sono stati esclusi, perdendo anche i diritti sociali ad essa associati. Rappresentano ancora oggi gli “intoccabili”, coloro i quali non rientravano nel novero catastale a causa delle loro occupazioni “impure”. Queste potevano consistere nella pulizia dei bagni o delle strade, la rimozione di animali morti, la sepoltura dei cadaveri, o la differenziazione dei rifiuti accatastati agli angoli delle strade, lavori rifiutati dalle caste superiori e quindi affibbiati quasi automaticamente agli intoccabili. Il termine stesso “intoccabili” deriva proprio dal fatto che essendo “impuri” i membri di tale casta non dovevano essere toccati o anche solo avvicinati dagli altri. Una sorta di segregazionismo interno che vede ancora oggi intere comunità allontanate dai centri delle città e raggruppate, spesso volontariamente, in veri e propri ghetti. Per chi fa parte della casta dei Dalit il futuro è quasi già scritto.
Il sistema delle caste è stato un elemento centrale della società indiana. Risalente a circa mille anni avanti Cristo, come riporta il Manusmriti, uno dei più importanti libri di legge Hindu, la gerarchia delle caste vede quattro gruppi principali e una serie numerosa di sottogruppi legati all’occupazione. Le caste principali sono quelle dei sacerdoti o Bramini; poi i guerrieri o Kshatriya; i Vaisya, artigiani e mercanti; e infine i Sudra, contadini, artigiani più poveri, servitori. Il sistema che si articola dall’alto verso il basso, vede seduti sull’ultimo gradino della scala proprio i Dalit, i quali al contrario di quanto si pensa non sono una “minoranza” ma rappresentano il 15% della popolazione indiana e sono all’incirca 200 milioni. Inoltre, ciascuna di queste macro categorie è poi divisa in decine e centinaia di sotto caste legate al mestiere o alle attività specifiche di ogni gruppo sociale, le quali si possono raggruppare sotto il termine generico di jati.
Dopo aver ottenuto l’indipendenza dal dominio britannico nel 1947, l’India ha incluso nella sua Costituzione il divieto di discriminazione basata sul sistema delle caste, con l’obiettivo di eliminare queste divisioni gerarchiche. Per affrontare le ingiustizie storiche subite dalle caste più svantaggiate come appunto i Dalit, il Paese ha introdotto alcune misure speciali, come riserve di posti nel governo, nel mercato del lavoro e nelle università, delle vere e proprie “quote” riservate ai gruppi tradizionalmente emarginati. Queste quote vennero poi allargate per includere anche altri soggetti svantaggiati, classificati ufficialmente nel 1989 con il nome di Other Backward Classes, classi medio-basse arretrate socialmente e scolasticamente.
Ad esempio, secondo il sistema di quote, per superare il test di ammissione per la facoltà di medicina, un Dalit avrebbe bisogno di raggiungere il 70% del punteggio, mentre un individuo che fa parte di una casta più “alta” dovrebbe raggiungere un punteggio pari al 90%. E lo stesso vale nel mondo del lavoro, soprattutto per quanto riguarda il settore pubblico-amministrativo. Questo sistema negli anni ha scatenato molte perplessità e proteste da parte delle caste più ricche, come ad esempio quella dei patel, che nel 2015 organizzarono una grande protesta nello stato di Gujarat, per denunciare gli effetti discriminatori delle quote.
Paradossale forse, ma non troppo lontano dalla realtà delle cose, che vede ancora oggi i Dalit vittime di una discriminazione sociale molto forte, e di una strumentalizzazione politica che li prende in considerazione solo quando si avvicinano le elezioni.