Nastro della memoria da riavvolgere indietro fino all'autunno del 2023: ve lo ricordate lo scherzo telefonico dei comici russi a Giorgia Meloni? Ecco, all'indomani delle parole di Maria Zakharova su Sergio Mattarella, si conferma che tutt'era tranne che uno scherzo.
Ma non basta: le parole di Lavrov a gennaio 2024 contro l'atteggiamento italiano in sede Onu e sui rapporti diplomatici Roma-Mosca, riascoltate con il senno di oggi, fanno capire come l'offensiva russa nei nostri riguardi non può certo considerarsi una novità delle ultime ore.
Era novembre 2023 quando due comici russi, Vovan e Lexus, famosi per essere capaci di bypassare tutte le barriere di sicurezza e riuscire a interloquire con i potenti del mondo spacciandosi per altre persone, evidentemente grazie alla complicità dei Servizi del Cremlino, penetrarono la sicurezza di Palazzo Chigi e riuscirono a parlare con Giorgia Meloni riuscendo ad avere anche delle esternazioni della premier sull'Ucraina.
Il primo novembre 2023 fu Palazzo Chigi stesso a rendere pubblico ciò che era accaduto il 18 settembre precedente. Ma, in un certo senso, questa mossa fu d'obbligo dopo che l'audio originale della conversazione fu pubblicato dalla piattaforma canadese Rumble e ripresa dall'agenzia russa Ria Novosti.
Fu la velina di Palazzo Chigi.
Fatto sta che quando, nella telefonata, il colloquio toccò il tema Ucraina, Meloni confidò ai comici-spia:
Quelli della telefonata erano i giorni in cui l'Occidente sperava nel successo di una controffensiva militare dell'Ucraina. Purtroppo, però, sul campo, le forze di Kyev non ottennero risultati sufficienti. E, evidentemente, i comici-spia volevano capire l'atteggiamento che avrebbero assunto le potenze occidentali, tra cui l'Italia:
tenne a sottolineare in ogni caso Giorgia Meloni, ricordando che era Putin ad avere un problema di nazionalismo.
Al che, nei giorni successivi la pubblicazione dello "scherzo" (che già non aveva fatto ridere nessuno), Maria Zakharova iniziò la sua crociata anti-italiana chiedendo provocatoriamente alla premier se fosse pronta a glorificare Achille Starace, primo segretario del Partito Nazionale Fascista, e Alessandro Pavolini, uno dei fondatori della Repubblica di Salò, nonché a far rivivere le famigerate brigate nere.
Il regime di Mosca, proprio in occasione dello scherzo telefonico a Giorgia Meloni, svelò per la prima volta uno dei suoi nervi scoperti: non vuole essere chiamato fascista.
E, a gennaio 2024, questo particolare si confermò quando Lavrov bacchettò aspramente l'Italia dopo che in sede Onu il nostro Paese aveva bocciato la risoluzione sostenuta dalla Russia di condanna dell'esaltazione del nazismo.
ebbe a dire il fedelissimo di Putin.
Il quale, poi, a domanda diretta sullo stato delle relazioni diplomatiche tra Italia e Russia, diede questa risposta:
Un anno dopo, non sono certo migliorate. E, contrariamente a quanto pensa Lavrov, di sicuro non per colpa del nostro governo: chi ha iniziato a giocare col fuoco non sono i nostri "comici".