La cedolare secca sugli affitti è in vigore anche nel 2025, con l’applicazione di tre aliquote differenti a seconda del tipo di contratto.
L’obiettivo è quello di garantire una tassazione agevolata e promuovere i contratti di affitto più stabili.
Nell’articolo, spiegherò come funziona, i requisiti per applicare le tre diverse tassazioni, quando non conviene e tutte le informazioni utili.
La cedolare secca è un regime fiscale sostitutivo dell'Irpef applicabile ai contratti di locazione a uso abitativo, e prevede tre diverse aliquote in base alla tipologia del contratto di affitto:
L’aliquota standard è quella del 21%, applicabile sui contratti a canone libero. Più stringente è l’ambito di applicazione dell’aliquota del 10%, prevista solo per i contratti a canone concordato e in specifiche situazioni.
Infine, la new entry è l’aliquota del 26%, introdotta nel 2024 e confermata anche per il 2025. Si applica alle locazioni brevi per chi affitta più di un immobile l’anno.
L’aliquota del 21% è quella più utilizzata. Si può applicare più liberamente perché sono previsti limiti poco stringenti.
Possono utilizzarla le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o godimento di un immobile. Non è ammessa nell’ambito di un’attività d’impresa, artistica o professionale.
Ci sono poche condizioni da rispettare:
Decisamente più vantaggiosa, ma meno semplice da applicare, c’è l’aliquota del 10%. La riduzione, infatti, è permessa solo per i contratti a canone concordato nei Comuni con carenza di soluzioni abitative oppure ad alta densità abitativa per:
In aggiunta alle note aliquote del 21% e del 10%, è stata introdotta anche un’aliquota del 26% dalla Legge di bilancio 2024.
Si tratta di una tassazione particolare applicabile esclusivamente agli affitti brevi di durata inferiore a 30 giorni. È, altresì, applicabile ai contratti stipulati tramite terzi oppure su piattaforme online.
In sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, sarà compito del contribuente o di un eventuale intermediario scegliere quale immobile assoggettare all’aliquota.
Può sembrare un’ottima tassazione agevolata alternativa, ma in realtà non conviene sempre.
Scegliere l’applicazione della cedolare secca comporta rinunciare all’aggiornamento del canone di affitto. La scelta, inoltre, influisce anche sul calcolo Isee: il reddito viene calcolato per intero.
Infine, si deve considerare da una parte che non sono ammessi oneri deducibili o detrazioni e dall’altra che il sistema agevolato si applica sul 100% del canone annuo percepito, a differenza della tassazione ordinaria Irpef, che considera il 66,5% per i contratti a canone concordato e il 95% per quelli a canone libero.
Dal 1° settembre 2024, è entrato in vigore il nuovo regime sanzionatorio dedicato alle infrazioni commesse sulla cedolare secca. Tale sistema è stato rinnovato anche per il 2025.
Le violazioni sono relative a:
Nel caso dell’omessa indicazione la sanzione è pari al 120% delle imposte. Nel secondo caso, invece, la sanzione è fissa al 140% dell’imposta dovuta. Infine, per omessa registrazione del contratto, la sanzione è pari al 120% dei casi di registrazione tardiva. Viene ridotta al 45% quando il ritardo è inferiore a 30 giorni.
La cedolare secca sugli affitti rimane in vigore anche nel 2025, con tre aliquote: 21%, 10% e 26%, applicabili in base al tipo di contratto.
L’aliquota del 21% riguarda i contratti a canone libero, mentre quella del 10% si applica a contratti a canone concordato in specifiche aree.
L'aliquota del 26% è destinata agli affitti brevi. La scelta di applicare la cedolare secca implica rinunciare all’aggiornamento del canone e influisce sul calcolo Isee. Le violazioni della cedolare secca sono sanzionate con percentuali variabili.