Di fronte alla precarietà, ai salari bassi, alla scarsa sicurezza e a tanti altri fattori negativi, c'è ben poco da festeggiare. Oggi, 1 maggio 2025, ricorre la Festa dei Lavoratori: una giornata celebrata in gran parte dell'Occidente - dall'Europa agli Stati Uniti - che storicamente serve a rimettere al centro il tema del lavoro e dei diritti sociali. Tuttavia, con il passare degli anni e con l'aumentare delle politiche più liberiste, sembra che i principali sacrificati siano soprattutto i diritti dei lavoratori.
In Italia, in particolare, la situazione non è delle più rosee. Nei giorni che precedono la ricorrenza odierna, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito come i salari bassi rendano la vita difficile a centinaia di migliaia di famiglie che stentano ad arrivare a fine mese. Resta sempre il discorso relativo alle morti sul posto di lavoro: sinonimo - almeno nella maggior parte dei casi - di scarsa sicurezza e prevenzione da parte di molte aziende. Condizioni che rendono la vita impossibile a chi vuole costruire un futuro in Italia e che hanno portato centinaia di migliaia di giovani a scegliere la strada dell’estero.
Molto più ottimista la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ieri ha annunciato, dopo il Cdm, novità in materia di sicurezza sui posti di lavoro e lo stanziamento di un'ingente somma per tutelare i lavoratori. Per ora però, i dati sull'occupazione e sui diritti in Italia mostrano una situazione non proprio idilliaca. Basta guardare il rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro, ripreso da Asvis nella giornata di ieri, per farsi un’idea.
I salari reali in Italia sono ancora troppo bassi. Questo è uno dei punti principali del rapporto pubblicato nella giornata di ieri, 30 aprile 2025. Durante la recente crisi del costo della vita, i salari sono calati e restano inferiori ai livelli del 2008, quando la crisi economica ha coinvolto anche l'Eurozona.
Stando a quanto scritto nel report, l’Italia è il Paese del G20 ad aver subito la perdita più marcata in termini di potere d’acquisto dal 2008. I salari reali sono diminuiti dell’8,7%, portando a una diminuzione del potere d'acquisto nel periodo 2009–2012, durante gli anni successivi alla crisi finanziaria. Una tendenza negativa che ha coinvolto quasi tutti i Paesi, ma che in Italia ha ancora un'eco sentita.
C'è poi una notizia buona, seguita da una cattiva: il 2024 ha segnato l'inizio di una timida ripresa per quanto concerne la crescita salariale, ma i dati registrati finora non bastano a far fronte alle problematiche indotte dall'inflazione.
In questo senso, l'aumento del costo della vita causato dall'inflazione ha finito per rendere la crisi dalla quale ci stavamo riprendendo ancora peggiore. In questi anni, i salari reali di lavoratori e lavoratrici sono calati rispettivamente del 3,3% e del 3,2%, superando la media delle economie avanzate del G20.
Come già detto, nel 2024 si è registrata un'inversione con una crescita media del 2,3%. In breve, c'è ancora molto da fare per garantire un miglioramento sostanziale.
Secondo i dati dell’OIL, la distribuzione dei salari orari evidenzia forti disparità, con divari particolarmente accentuati nei Paesi a basso reddito. In questi contesti, le disuguaglianze salariali sono più gravi, mentre nei Paesi ad alto reddito la disparità tende a essere più contenuta. In Italia, però, le maggiori discrepanze si osservano nella parte alta della distribuzione dei redditi, segno di una crescente polarizzazione salariale.
Permane poi la questione di genere. Le donne rappresentano quasi il 52% dei lavoratori a basso salario, pur costituendo solo il 43,2% del totale dei dipendenti. Non va meglio ai lavoratori migranti, che percepiscono, a parità di mansione, in media il 26,3% in meno rispetto ai colleghi italiani.