La storia di Papa Celestino V, al secolo Pietro Angelerio (o Pietro del Morrone), è una delle più singolari e affascinanti della Chiesa cattolica. Eletto pontefice nel luglio del 1294, Celestino V rimase sul trono di Pietro solo per cinque mesi, per poi compiere quello che la storia ricorda come il “Gran Rifiuto”: la rinuncia volontaria al pontificato, un gesto senza precedenti che avrebbe lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa e nel dibattito sulla natura stessa del papato.
Celestino V venne scelto papa in un periodo di grande crisi per la Chiesa. Dopo oltre due anni di sede vacante e divisioni tra le fazioni cardinalizie, la scelta ricadde su questo umile eremita, noto per la sua vita ascetica e la sua fama di santità. La sua elezione fu accolta con entusiasmo dal popolo, ma fin da subito emersero le difficoltà legate alla sua inesperienza nel governo della Chiesa e alla sua estraneità alle complesse dinamiche politiche e amministrative dell’epoca.
Celestino V, abituato alla solitudine e alla preghiera, si trovò improvvisamente immerso in un ambiente dominato da interessi politici, pressioni di monarchi come Carlo II d’Angiò e lotte di potere interne al collegio cardinalizio. La sua ingenuità amministrativa e la scarsa conoscenza delle procedure ecclesiastiche lo portarono a commettere errori, come l’assegnazione di benefici a più persone contemporaneamente e la firma di bolle in bianco che altri potevano compilare a loro piacimento.
La decisione di abdicare maturò in Celestino V per una serie di motivi profondi e personali. Egli stesso, nel testo della sua rinuncia, dichiarò di essere “spinto da legittime ragioni, per bisogno di umiltà, di perfezionamento morale e per obbligo di coscienza, per debolezza del corpo, difetto di dottrina e la cattiveria del mondo, al fine di recuperare la pace e le consolazioni della vita di prima”. Celestino V riconobbe apertamente i propri limiti e la propria inadeguatezza a guidare la Chiesa in un momento così delicato, preferendo lasciare il posto a qualcuno più adatto a sostenere il peso del pontificato.
L’umiltà fu dunque una delle ragioni principali della sua scelta, insieme al desiderio di tornare alla tranquillità della vita eremitica, lontano dalle tensioni e dalle corruzioni del potere. Celestino V percepiva il papato non come un privilegio, ma come un onere gravoso, un ostacolo alla sua ricerca di perfezione spirituale.
Oltre alle motivazioni personali, la decisione di Celestino V fu influenzata anche dal contesto politico. Il suo pontificato era fortemente condizionato dalla presenza di Carlo II d’Angiò, che cercava di sfruttare la sua debolezza per rafforzare il proprio potere. Celestino si sentiva schiacciato da queste pressioni e incapace di opporsi alle ingerenze dei potenti.
Il collegio cardinalizio, resosi conto dell’inadeguatezza del papa e delle difficoltà crescenti nella gestione della Chiesa, iniziò a spingere per una soluzione. Fu il cardinale Benedetto Caetani, futuro Bonifacio VIII, a studiare la procedura giuridica per la rinuncia papale, dato che non esistevano precedenti chiari.
Il 13 dicembre 1294, Celestino V annunciò pubblicamente la sua rinuncia, lasciando “liberamente e spontaneamente il Pontificato” e restituendo al collegio cardinalizio la facoltà di eleggere un nuovo papa. Questo gesto fu accolto con sorpresa e sgomento, ma anche come un atto di grande coraggio e coerenza spirituale.
La rinuncia di Celestino V aprì un dibattito destinato a durare nei secoli: era davvero possibile per un papa abdicare? La sua scelta, vista da alcuni come un atto di debolezza, fu invece interpretata da molti come una denuncia contro un potere ecclesiastico troppo distante dai valori evangelici e una testimonianza di libertà interiore.
Dopo la sua abdicazione, Celestino V desiderava tornare alla vita eremitica, ma il suo successore Bonifacio VIII, temendo possibili scismi, lo fece sorvegliare e imprigionare, temendo che la sua popolarità potesse essere strumentalizzata dai nemici della Chiesa.
La figura di Celestino V resta ancora oggi simbolo di umiltà e di autenticità spirituale. Il suo “Gran Rifiuto” ha segnato la storia della Chiesa, anticipando di secoli la possibilità di una rinuncia papale, come avvenuto nel 2013 con Benedetto XVI. La sua storia invita a riflettere sul rapporto tra potere e spiritualità, sull’importanza della coscienza personale e sulla forza di chi sa rinunciare per il bene superiore della comunità.