Andrà a votare per i Referendum abrogativi? Sì, ma voterò quattro ‘no’ e un solo 'sì'. L’8 e il 9 giugno, Carlo Calenda non andrà al mare, ma si recherà alle urne con le idee ben chiare su cosa votare.
Non è difficile immaginare quale sia l’unico quesito a cui il leader di Azione voterà ‘sì’: quello sulla cittadinanza italiana per gli immigrati regolari promosso da +Europa con il sostegno di tutto il centrosinistra.
Voterà, invece, quattro ‘no’ ai quesiti sul lavoro – compreso quello sul Jobs Act – promossi dalla Cgil di Maurizio Landini e appoggiati dalla segreteria del Partito Democratico, Elly Schlein.
Una posizione che vede d'accordo anche Matteo Renzi, e non potrebbe essere diversamente visto che il Jobs Act è stata una delle riforme più importanti del suo governo.
In due interviste pubblicate oggi, Carlo Calenda e Matteo Renzi intervengono nella velenosa polemica sui Referendum dell’8 e 9 giugno, sollevata dall’invito all’astensionismo arrivato dal centrodestra al completo. Unica voce discordante nella compagine di governo, quella di Maurizio Lupi e Noi Moderati che andranno a votare, ma voteranno 5 ‘no’.
Ecco cosa hanno detto Carlo Calenda e Matteo Renzi sui Referendum di giugno e perché non farà piacere a Landini e Schlein.
Carlo Calenda andrà a votare ai Referendum dell’8 e 9 giugno, ma per ‘bocciare’ quattro quesiti su cinque. Il leader di Azione, in un'intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato che ai seggi prenderà tutte e cinque le schede, ma barrerà il ‘no’ sui quattro quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Sono quelli per abrogare alcune norme del Jobs Act, quelli sulla sicurezza e i licenziamenti, quesiti che – secondo Calenda - sono “un pezzo della campagna elettorale di Landini per diventare il leader del centrosinistra”.
Voterà, invece, sì al quesito per portare da 10 a 5 gli anni di residenza necessari per richiedere la cittadinanza italiana per gli immigrati regolari. Una battaglia che accomuna Azione al resto del centrosinistra.
Se, quindi, da un lato farà un favore al centrosinistra contribuendo al raggiungimento del quorum per la validità della consultazione popolare, dall’altro il suo vota sembra voler essere un ‘dispetto’ a Schlein e Landini.
Voteremo a favore del quesito sulla cittadinanza, per il resto si tratta della campagna elettorale di Landini per diventare leader della sinistra. La mia intervista al @Corriere pic.twitter.com/e7QqFG6Mbu
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) May 12, 2025
Contro l’asse Schlein-Landini si scaglia ancora una volta anche Matteo Renzi, padre della Riforma del Jobs Act che, in un’intervista al quotidiano la “Stampa” difende la legittimità dell’astensione entrando a gamba tesa nella polemica che sta infiammando il dibattito politico ormai da giorni.
Primi segnali della diplomazia sulla guerra militare e su quella commerciale: bene. L’Italia non tocca palla, purtroppo. E il referendum sul Jobs Act è roba da paleolitico. Peccato. Ne ho parlato a Sky con Giovanna Pancheri, stamani. Che dite? https://t.co/8KjtKz1XPi
— Matteo Renzi (@matteorenzi) May 12, 2025
Renzi, come Calenda, andrà a votare e voterà 'sì' per dimezzare i tempi della cittadinanza, ma voterà 'no' sui due referendum legati al Jobs act.
Il senatore di Italia Viva non risparmia critiche e attacchi agli ex compagni del PD, che nel 2014 votarono per la riforma del lavoro che oggi la vogliono abrogare con un referendum.
Ha attaccato Renzi, criticando la scelta della segretaria democratica di seguire Landini su una strada che secondo il leader di Italia Viva, alla fine si rivelerà un’arma a doppio taglio e farà un favore al Governo Meloni.
Le dichiarazioni dei due leader dell’ex Terzo Polo si inseriscono nella violenta polemica suscitata dalle dichiarazioni dei principali leader di centrodestra – soprattutto del presidente del Senato Ignazio La Russa – che stanno inviando gli elettori italiani a non andare a votare ai referendum per impedire il raggiungimento del quorum, ovvero la percentuale di votanti necessaria affinché i risultati della consultazione siano validi.
Ma, siamo proprio sicuri che per il centrosinistra, il quorum sia davvero così essenziale? Per Riccardo Magi – promotore di quello sulla cittadinanza – lo è di certo, per Schlein e Landini forse un po' meno.
Certo, se si raggiungesse sarebbe una vittoria, ma se davvero quella dei referendum è solo un’operazione politica per trasformare le consultazioni in un voto contro Meloni, a contare sarebbe soprattutto il numero di ‘sì’ ottenuti.
Per Elly Schlein, infatti, è importante riuscire a battere la destra in termini di voti, rispetto alle elezioni del 2022 e poter dire che gli italiani sono con lei e contro il governo. È sull’altare di questo obiettivo che la segretaria democratica non ha esitato a ‘sacrificare’ anche l’unità del partito. Perché, al di là delle dichiarazioni di facciata, l’indicazione per i cinque ‘sì’ non è stata gradita dai riformisti del PD, quelli a cui si riferisce Renzi quando parla di ‘problema di credibilità’.
Calcoli politici che interessano solo trasversalmente i quesiti su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi l’8 e 9 giugno.