27 Jun, 2025 - 10:38

Otto anni senza verità: il mistero irrisolto della scomparsa di Domenico “Domedama” D’Amato

Otto anni senza verità: il mistero irrisolto della scomparsa di Domenico “Domedama” D’Amato

Sono trascorsi otto anni dalla misteriosa scomparsa di Domenico D’Amato, conosciuto come “Domedama” nella scena rap underground bolognese. Era l’8 marzo 2017 quando, nella frazione di Molinelle, in provincia di Bologna, il giovane svanì nel nulla, lasciando la sua famiglia in un dolore senza fine e una comunità colma di interrogativi. Il caso, segnato da molteplici zone d’ombra e da una sensazione di omertà diffusa, resta ancora oggi irrisolto, nonostante le richieste della famiglia di non archiviare le indagini e di continuare a cercare la verità.

La scomparsa di Domenico D'Amato

Per i familiari di Domenico, il tempo si è fermato il giorno della sua scomparsa. La madre e i fratelli vivono ancora oggi sospesi in un limbo di incertezza, incapaci di trovare pace senza risposte su ciò che è realmente accaduto. Il legale della famiglia, Barbara Iannuccelli, sottolinea come l’assenza di notizie sia una ferita che non smette mai di sanguinare: “Dal giorno della sua scomparsa, una famiglia intera non vive più, sopravvive”.

Il dolore si acuisce davanti al silenzio di chi potrebbe sapere qualcosa ma sceglie di non parlare, alimentando la sensazione che Domenico sia stato vittima di un gesto violento, forse persino di un omicidio.

Piste e interrogativi mai chiariti

Domenico, prima di sparire, aveva avuto una relazione con una donna già impegnata. Il suo ex compagno, sentito dagli inquirenti, aveva espresso un forte rancore nei confronti del giovane rapper, arrivando a ipotizzare che una delle sue figlie potesse essere figlia di Domenico. La coincidenza tra la nascita della bambina e la scomparsa di D’Amato ha alimentato i sospetti su un possibile movente personale dietro la sua sparizione.

La compagna dell’uomo aveva anche riferito agli investigatori di aver sentito parlare di “fare del male a Domenico”, lasciando intendere che un regolamento di conti potesse essere degenerato in qualcosa di ben più grave.

Un altro elemento di mistero riguarda il presunto test del capello per accertare la paternità della bambina: secondo quanto ricostruito, non risulta che sia mai stato effettuato alcun esame, e le dichiarazioni dell’uomo sono apparse contraddittorie agli stessi investigatori. Tutto ciò ha rafforzato nei familiari la convinzione che la pista personale sia stata sottovalutata e che le indagini siano state chiuse troppo in fretta.

Amicizie e rapporti difficili

Nel quadro della scomparsa emergono anche rapporti complessi con amici e conoscenti. Alcuni di loro, pur dichiarandosi molto legati a Domenico, sono stati reticenti o hanno evitato di collaborare con le forze dell’ordine. Un amico stretto del rapper, che aveva condiviso con lui momenti di vita e di musica, si è presentato alle autorità solo dopo essere stato sollecitato, suscitando ulteriori dubbi sulla trasparenza di chi lo circondava.

Non meno rilevante è il litigio con il coinquilino, avvenuto poco prima della scomparsa, che aveva portato a una ferita documentata da un referto ospedaliero. Tuttavia, nonostante le analisi approfondite nell’abitazione, non sono emersi elementi utili alle indagini.

Una comunità in attesa di risposte

Domenico aveva scelto di trasferirsi in una comunità a Molinelle, portando con sé due borsoni con i suoi effetti personali. Da quel momento, le sue tracce si sono perse. In quei giorni, però, l’attenzione delle forze dell’ordine era concentrata sulla caccia a Igor Il Russo, e il caso di Domenico rischiò di finire in secondo piano, senza che emergessero collegamenti tra le due vicende.

Nel 2020, le indagini sono state ufficialmente archiviate, ma la famiglia non si è mai arresa. L’avvocato Iannuccelli continua a chiedere la riapertura del caso, sostenendo che esistano ancora elementi chiave da approfondire: “Se Domenico non c’è più, è giusto che i suoi cari abbiano un luogo dove piangere e ricordare”.

La storia di Domenico D’Amato resta, a oggi, una ferita aperta che chiede ancora giustizia.

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