02 Jul, 2025 - 10:28

Chi sarà il successore del Dalai Lama? Ecco come si sceglie il leader del buddismo tibetano

Chi sarà il successore del Dalai Lama? Ecco come si sceglie il leader del buddismo tibetano

Il Dalai Lama, massima autorità spirituale del buddismo tibetano, ha recentemente confermato che, dopo la sua morte, verrà nominato un successore. Questa dichiarazione, arrivata in occasione del suo 90° compleanno, riaccende il dibattito su una delle questioni più delicate e complesse della spiritualità e della geopolitica asiatica: chi guiderà in futuro la comunità tibetana e come verrà scelto il nuovo Dalai Lama.

Nuovo Dalai Lama, come si sceglie? La tradizione della reincarnazione

Il Dalai Lama è considerato la reincarnazione del bodhisattva della compassione, Avalokiteshvara, e la sua istituzione risale a oltre 600 anni fa. Tradizionalmente, alla morte di un Dalai Lama, un consiglio di alti lama avvia la ricerca della sua reincarnazione. Questo processo, profondamente spirituale, prevede l’osservazione di segni, consultazioni con oracoli e l’analisi degli insegnamenti lasciati dal Dalai Lama stesso. Una volta individuato un bambino nato in prossimità della morte del predecessore, gli vengono sottoposti oggetti appartenuti al Dalai Lama defunto: se il bambino li riconosce, viene considerato la reincarnazione autentica.

In caso di più candidati idonei, la selezione può avvenire tramite sorteggio, utilizzando la cosiddetta “urna d’oro”, un metodo che prevede l’estrazione casuale di un nome tra quelli dei possibili reincarnati. Questo strumento, tuttavia, è oggi sotto il controllo delle autorità cinesi, che rivendicano il diritto esclusivo di nominare il prossimo Dalai Lama, sostenendo di aver ereditato questa prerogativa dalla dinastia imperiale Qing.

La sfida tra Cina e governo tibetano in esilio

La questione della successione è oggi più che mai politica. Dal 1959, dopo la repressione cinese della rivolta di Lhasa, il Dalai Lama vive in esilio a Dharamsala, in India, dove ha fondato un governo tibetano in esilio. La Cina, che considera il Dalai Lama un separatista, insiste sul fatto che la reincarnazione debba avvenire sotto il suo controllo. Al contrario, Tenzin Gyatso, l’attuale Dalai Lama, ha dichiarato che il suo successore nascerà “in un Paese libero”, quindi fuori dalla Cina, e che il processo di riconoscimento sarà di esclusiva competenza del Gaden Phodrang Trust, l’Ufficio di Sua Santità il Dalai Lama.

Questa posizione apre la strada a un possibile scenario di “due Dalai Lama”: uno riconosciuto da Pechino e uno dal governo tibetano in esilio. Un’eventualità che avrebbe profonde ripercussioni sia per la comunità buddista che per i rapporti tra Cina e India, oltre a rappresentare una sfida senza precedenti per la continuità della tradizione spirituale tibetana.

Un futuro incerto, tra spiritualità e politica

Il Dalai Lama ha più volte sottolineato che la sua istituzione continuerà a esistere, lasciando però aperta la possibilità che il prossimo leader possa essere scelto con modalità diverse rispetto al passato. Nel 2011, Tenzin Gyatso ha rinunciato alla carica politica, concentrandosi esclusivamente sul ruolo spirituale, e ha lasciato precise istruzioni per la successione, ribadendo che logica e prove devono guidare la scelta della reincarnazione.

La Cina, dal canto suo, non sembra intenzionata a cedere il controllo sulla nomina del prossimo Dalai Lama, vedendo in questa figura un potenziale strumento di legittimazione del proprio dominio sul Tibet. Tuttavia, la comunità tibetana in esilio e molti fedeli nel mondo sono determinati a difendere l’autonomia spirituale della loro tradizione, anche a costo di uno scontro frontale con Pechino.

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