Continuano i colpi di scena sul caso dell'omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 e riaperto a distanza di 18 anni, con l'iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima.
Mentre è in corso l'incidente probatorio, con l'analisi e la verifica dei reperti con l'obiettivo di chiarire se ci siano altri colpevoli oltre ad Alberto Stasi (condannato a 16 anni di carcere in via definitiva), si rafforza l'ipotesi che, sulla scena del crimine, siano state presenti più persone.
Ne è sempre stato convinto Giuseppe Pellegrino, specializzato in Criminologia Investigativa e Scienze Forensi e criminologo per l'investigazione e la sicurezza (AICIS).
"Errori e omissioni nelle fasi preliminari di questa indagine ne sono stati commessi più di quanti se ne possano immaginare. Parliamo di un'analisi investigativa che, a mio giudizio, non venne condotta proprio secondo i migliori criteri della criminologia" sottolinea a TAG24.
Andrea Sempio, 37 anni, è indagato dalla Procura di Pavia. Il DNA trovato sulle unghie di Chiara Poggi è infatti riconducibile al suo profilo genetico. Grazie alle moderne tecniche a disposizione oggi – ma non 18 anni fa – potrebbe emergere una "verità alternativa", come confermato anche dal criminologo Giuseppe Pellegrino.
"L'introduzione di tecnologie avanzate come il Next Generation Sequencing (NGS) – un sistema di sequenziamento massivo parallelo capace di ricavare profili genetici anche da tracce minime o degradate – e il rilievo 3D della scena del crimine ha aperto scenari nuovi" spiega.
"Il raffronto traumatico tridimensionale, condotto dai Carabinieri del RIS di Cagliari e Milano mediante droni, laser scanner e software forensi, mira a ricostruire con estrema precisione traiettorie ematiche, posizione degli arredi e dinamiche d’impatto. In questo contesto si inserisce l’impronta 97F, emersa durante l’incidente probatorio, ritenuta ematica e compatibile con l’azione di una seconda mano sulla scena del delitto" sottolinea Pellegrino.
"L'insieme di questi elementi lascia spazio all’ipotesi di una partecipazione plurima all’omicidio o, comunque, di una dinamica diversa da quella accertata nei precedenti gradi di giudizio. Se confermata, questa prospettiva potrebbe comportare una revisione sostanziale del quadro probatorio che ha condotto alla condanna di Alberto Stasi, ai sensi dell’art. 630 c.p.p., che consente la revisione del processo in presenza di prove nuove idonee a dimostrare l’innocenza del condannato".
L'ipotesi che Chiara Poggi sia stata aggredita e uccisa da più persone, formulata dalla Procura di Pavia, sembra essere confermata anche dalla scoperta di un "ignoto 3" sulla scena del crimine, secondo i risultati emersi dall'analisi del tampone orofaringeo prelevato dal corpo della vittima. Anche se è presto per parlare di una svolta: resta da chiarire se possa trattarsi di una contaminazione.
In questi mesi sono emerse diverse teorie sul potenziale movente del delitto: dalla volontà di mettere a tacere Chiara, a causa di un segreto inconfessabile di cui sarebbe venuta a conoscenza, fino all'ipotesi di un sicario.
"Ci sono stati anche sogni premonitori e non li ha avuti solo l'avvocato Lovati" afferma Pellegrino.
"L’ipotesi di un movente legato alla scoperta di un 'segreto scomodo' da parte di Chiara Poggi è plausibile sul piano criminologico, ma necessita ancora di una solida conferma indiziaria. Al momento non risultano emersi elementi oggettivi – come messaggi, audio, testimonianze dirette o conversazioni captate – che confermino tale ricostruzione in termini probatori" aggiunge.
"Tuttavia, in sede investigativa, il movente non deve essere provato con certezza, ma deve essere coerente con il quadro indiziario e compatibile con la personalità dei soggetti coinvolti. In questo senso, la teoria secondo cui Chiara avrebbe potuto acquisire informazioni potenzialmente compromettenti per qualcuno del proprio ambiente sociale – e per questo sarebbe stata “messa a tacere” – rientra in uno schema logico-razionale di matrice criminodinamica".
Da un punto di vista giuridico, invece?
"Giuridicamente, il movente non costituisce elemento essenziale del reato (non è parte della fattispecie tipica), ma può assumere valore sintomatico della responsabilità, orientando la lettura degli indizi nel senso della colpevolezza. Inoltre, qualora si configurasse una partecipazione concorsuale nel delitto (ai sensi dell’art. 110 c.p.), anche chi abbia agito con contributo morale, pur non avendo materialmente partecipato all’azione violenta, potrebbe rispondere penalmente del fatto. In tale prospettiva, la presenza di un movente condiviso – come la necessità di silenziare Chiara per evitare la diffusione di una verità scomoda – potrebbe giustificare l’attribuzione del reato anche a soggetti che abbiano fornito istigazione, rafforzamento psicologico, copertura logistica o agevolazione successiva".
Secondo l'esperto, quindi, l'ipotesi del "segreto scomodo" non è, al momento, suffragata da prove concrete.
Ma "conserva un valore investigativo strategico, soprattutto in presenza di più soggetti legati da rapporti personali e da una possibile logica di protezione reciproca. Sarà compito delle analisi genetiche, dei tracciamenti digitali e della ricostruzione del contesto relazionale stabilire se tale movente possa essere ricondotto a uno scenario reale e giuridicamente rilevante, soprattutto in presenza di più soggetti legati da rapporti personali. Ricordiamoci che tutti questi nomi (gli amici di Sempio, ndr), e io ne ho ancora altri perché sono andato a fare altre ricerche, erano un gruppo di persone anche abbastanza affiatate tra loro all'epoca".
Alla luce delle nuove indagini in molti si stanno chiedendo se Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima condannato a 16 anni in Cassazione nel 2015, sia colpevole oppure innocente.
Giuseppe Pellegrino risponde senza indugi. "Stasi è colpevole, ma non è l'unico. Lo Stato, attraverso una sentenza passata in giudicato, lo considera colpevole. Da un punto di vista procedurale, ciò comporta l’intangibilità del verdetto, salvo eventuale revisione ex art. 630 c.p.p. in presenza di prove nuove decisive. Tuttavia, l’attività investigativa in corso e le evidenze emerse dal 2024 in avanti impongono un’analisi più ampia, fondata su criteri di criminologia integrata e di coerenza logico-indiziaria" risponde l'esperto.
"In primo luogo, il DNA di Stasi rinvenuto su una cannuccia di Estathé consumata nella villetta (trovata nella spazzatura di casa Poggi, mai esaminata prima, ndr) conferma la sua presenza nell’abitazione la mattina del delitto, ma non ne dimostra il coinvolgimento materiale nell’aggressione. Il dato va integrato con la nuova evidenza tecnico-forense: l’impronta 33, ora oggetto di attribuzione dibattuta, e la traccia 97F, potenzialmente ematica e associabile a una seconda mano operante sul luogo. Inoltre, l’adozione del rilievo 3D ad alta risoluzione e la rivalutazione dell’intera dinamica ematica suggeriscono una possibile interazione plurima di soggetti, incompatibile con l’azione isolata di un singolo autore".
Quindi, da un punto di vista criminologico "non può essere esclusa l’ipotesi di un concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.). Se confermata, modificherebbe profondamente il quadro finora consolidato. La figura di Stasi potrebbe così ricadere in uno dei seguenti scenari alternativi: esecutore materiale non unico, partecipe in concorso morale o esecutivo, o soggetto coinvolto in un delitto più complesso con intenti omissivi o di protezione reciproca tra più attori. In quest’ottica, la responsabilità penale potrebbe coesistere con l’erronea esclusività dell’attribuzione: Stasi colpevole, ma non l’unico".
Giuseppe Pellegrino sottolinea che la sua valutazione "è sospesa tra il rispetto dovuto alla cosa giudicata e la legittimità – e necessità – di un riesame fondato su evidenze nuove, soprattutto se capaci di riscrivere la dinamica dei fatti in maniera più aderente alla realtà criminologica. La verità processuale non è immutabile: può e deve evolversi, laddove emerga il rischio concreto di un errore giudiziario parziale o totale".