Il Governo prepara un intervento destinato a modificare i meccanismi di uscita dal lavoro previsti nei prossimi anni. Secondo le anticipazioni sulla prossima legge di bilancio, nel 2028 sarà ancora possibile andare in pensione a 64 anni, senza aumenti legati all’aspettativa di vita.
Si tratta di una novità rilevante nel sistema previdenziale, che interrompe il percorso automatico verso un innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi.
L’obiettivo è rispondere alle esigenze di chi si avvicina al pensionamento e non ha potuto contare su carriere continue o stabili.
Ma la scelta solleva interrogativi: quali saranno le condizioni per uscire a 64 anni? Che effetti avrà sulle generazioni future? E come reagiranno gli organi tecnici alla sospensione dell’adeguamento?
L’attuale normativa prevede che, dal 1° gennaio 2027, l’età per la pensione di vecchiaia salga da 67 a 67 anni e 3 mesi, e che la pensione anticipata richieda 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne. Questo adeguamento automatico è legato ai dati ISTAT sull’aspettativa di vita.
Il Governo intende bloccare questa progressione. Secondo fonti del Ministero dell’Economia, nel 2028 sarà ancora possibile andare in pensione a 64 anni, mantenendo i requisiti attuali.
Tra le opzioni in esame, una nuova versione flessibile del modello “Quota 103”, già sperimentato negli anni precedenti, oppure un’estensione delle finestre di uscita previste per i lavori gravosi.
Il sottosegretario Durigon e il ministro Giorgetti hanno confermato che il blocco sarà inserito nella manovra 2026, con l’intenzione di tutelare chi ha subito interruzioni occupazionali o ha versato contributi INPS in modo irregolare. Il congelamento riguarderà almeno l’età anagrafica, mentre restano aperte le valutazioni sui requisiti contributivi.
La sospensione dell’adeguamento automatico introduce un cambio di direzione rispetto alle riforme precedenti. La norma che lega l’età pensionabile alla speranza di vita era stata concepita per garantire un collegamento stabile tra condizioni demografiche e uscita dal lavoro.
L’Ufficio parlamentare di bilancio, in audizione, ha espresso prudenza. Secondo l’Upb, l’automatismo attuale ha il merito di offrire prevedibilità e di contenere l’incremento della spesa pensionistica nel tempo. La sua rimozione comporta una maggiore rigidità e richiede una copertura finanziaria stabile.
Nel 2019, una misura simile fu applicata ai lavoratori impiegati in mansioni gravose. Anche allora si sospese l’adeguamento per una platea specifica, senza modificarlo in modo generalizzato. La nuova misura potrebbe seguire quella logica, limitandosi a specifiche categorie o introducendo strumenti come le finestre mobili, che consentono l’uscita anticipata a condizione di un differimento dell’erogazione dell’assegno.
La possibilità di mantenere l’uscita a 64 anni nel 2028 non affronta il tema delle pensioni future per i giovani. Il sistema contributivo introdotto con le riforme degli anni ’90 e consolidato con la legge Fornero prevede che l’ammontare dell’assegno dipenda interamente dai contributi versati durante la vita lavorativa.
Per chi ha carriere discontinue, periodi di disoccupazione o lavora con contratti saltuari, l’accumulo dei contributi INPS è insufficiente a garantire un assegno pensionistico adeguato. Anche se i requisiti anagrafici restano fermi, il problema dell’adeguatezza resta aperto.
Il blocco potrebbe quindi rivelarsi utile nel breve termine, per chi ha alle spalle oltre 35 anni di contribuzione. Ma senza politiche in grado di rafforzare l’occupazione stabile, la formazione e l’accesso alla previdenza integrativa, le nuove generazioni rischiano di ritrovarsi con assegni molto bassi.
Diversi analisti suggeriscono di affiancare alla sospensione dell’adeguamento interventi specifici per chi ha versato pochi contributi: crediti figurativi, premialità per maternità, incentivi alla previdenza complementare, soglie minime garantite. Solo così il sistema potrà essere sostenuto nel tempo senza creare squilibri tra chi va in pensione oggi e chi lo farà tra vent’anni.