21 Jul, 2025 - 13:24

Cosa aspettarsi da 84 m², il nuovo disturbante film coreano su Netflix

Cosa aspettarsi da 84 m², il nuovo disturbante film coreano su Netflix

Se pensavi di aver visto tutto del cinema coreano, 84 m² è pronto a farti cambiare idea.

Appena arrivato su Netflix, questo thriller psicologico claustrofobico gioca con lo spazio, l’isolamento e la mente umana in un modo disturbante e visivamente magnetico.

Un appartamento piccolo, un protagonista solo e un crescente senso di disagio che ti accompagna fino ai titoli di coda. In questo articolo ti raccontiamo cosa aspettarti da 84 m²: la trama e il perché questo è uno di quei film che non ti lasciano indifferente.

Cosa aspettarsi da 84 m², il nuovo thriller coreano su Netflix

Prima di continuare nella lettura, guarda il trailer ufficiale, grazie a CineCrono:

C'è un sogno universale, quasi primordiale, nel mondo moderno, come se senza di essa non fossimo nessuno: possedere una casa di proprietà. Non una villa con giardino, ma un piccolo, agognato spazio da chiamare proprio.

Questa, se non lo sapeste, è un'aspirazione che a Hong Kong, così come in Corea del Sud, assume i contorni di un'ossessione, un traguardo per cui si è disposti a sacrificare tutto.

Il nuovo thriller di Netflix, "Wall to Wall" (titolo originale 84m²), affonda le mani proprio in questo desiderio, trasformandolo in un incubo domestico tanto riconoscibile quanto angosciante.

La trama di 84m²

Il film ci presenta Wu-song, un impiegato come tanti, che incarna perfettamente l'uomo contemporaneo.

Dopo aver prosciugato ogni risparmio, contratto debiti fino al collo e ipotecato persino la sua liquidazione, riesce finalmente a mettere le mani sul suo pezzo di paradiso: 84 metri quadrati in un prestigioso condominio. Ma la gioia dura poco.

Completamente al verde, Wu-song non può permettersi nemmeno i mobili, e il suo sonno è tormentato da una sinfonia di rumori molesti provenienti dal piano di sopra.

Il sogno si trasforma rapidamente in un incubo ad occhi aperti. Un biglietto anonimo sulla porta lo accusa di fare troppo rumore, mentre la vicina del piano di sotto lo attacca, insinuando che se la prenda con lei solo perché è una semplice "affittuaria".

Inizia così la discesa di Wu-song negli inferi condominiali. La sua ricerca della fonte del rumore lo porta prima a scontrarsi con il minaccioso e tatuato Jin-ho e poi a interfacciarsi con l'enigmatica rappresentante dei residenti, Eun-hwa.

È in questa prima parte che il film brilla e affascina. Il regista Kim Tae-joon, superando di gran lunga il suo precedente e insipido "Unlocked", costruisce una satira sociale affilata e potente.

Il film è uno specchio fedele dell'assurdità del mercato immobiliare, dell'ironia di lottare tutta la vita per una scatola di cemento schiacciata tra centinaia di sconosciuti, e delle tensioni di classe che covano silenziose tra proprietari e affittuari.

Aggiungendo un tocco di modernità con la disperata ossessione per gli investimenti in criptovalute, la pellicola dipinge un ritratto intrigante e spaventosamente realistico della società odierna.

Nella seconda parte il film perde appeal

Ed è qui, purtroppo, che il film perde la sua bussola. Invece di approfondire questo potente dramma psicologico e sociale, la sceneggiatura insiste per innestare un mistero quasi assurdo, un cliché da thriller che finisce per fagocitare tutto il resto.

Ciò che inizia come una critica intelligente e claustrofobica si trasforma lentamente in una caccia al colpevole e di fatto finisce per svilire la forza della premessa iniziale.

Il film resta comunque un thriller avvincente e ben recitato, ma lascia l'amaro in bocca per l'occasione mancata. Aveva tra le mani la possibilità di essere un commento generazionale potente, sulla scia di capolavori come "Concrete Utopia", ma ha preferito abbandonare la strada più coraggiosa per un sentiero più battuto e meno illuminante.

Un incubo che parte in modo brillante, ma che sceglie un finale che non è all'altezza delle sue promettenti, e rumorose, fondamenta.

Da vedere? Sicuramente e assolutamente sì.

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