Laura Santi è diventata negli ultimi anni il simbolo di una battaglia delicata e profonda sul diritto al fine vita in Italia. Giornalista, attivista per i diritti civili e consigliera dell’Associazione Luca Coscioni, la sua vicenda personale ha riportato l’attenzione pubblica sul tema del suicidio assistito, sulla libertà di scelta e sul peso delle sofferenze provocate da una malattia degenerativa. La sua storia è anche quella di una lunga battaglia legale e civile, affrontata con coraggio insieme a chi le è stato vicino, in primis il marito Stefano.
Laura Santi era nata nel 1975 a Perugia e aveva recentemente compiuto 50 anni al momento della sua scomparsa. La sua vita, architravata da una notevole passione per il giornalismo e l’impegno civile, si era svolta quasi interamente nel capoluogo umbro, dove lavorava e dove ha trascorso gli ultimi, difficili anni, caratterizzati dalla malattia. La sua voce pubblica – dalla redazione ma anche sulle pagine dell’Associazione Coscioni – era sempre rivolta alla promozione dei diritti della persona e dell’autodeterminazione, valori che ha difeso fino all’ultimo giorno.
Accanto a lei, in ogni momento, c'è sempre stato il marito Stefano. Il loro legame si è rafforzato nella prova condivisa con la malattia, tanto che Stefano è diventato anche il primo caregiver di Laura, supportandola nelle giornate peggiori e nelle notti più difficili, come lei stessa aveva ricordato in più occasioni.
Entrambi avevano scelto, con grande sofferenza ma altrettanta consapevolezza, di non avere figli: la decisione, maturata anche per ragioni legate alla salute di Laura e ai rischi connessi ai farmaci necessari, è stata affrontata insieme, senza rimpianti ma con la lucida tristezza di aver dovuto rinunciare a una parte di futuro condiviso. Nei pensieri lasciati prima di morire, Laura stessa ha voluto sottolineare quanto il sostegno del marito sia stato fondamentale, e ha espresso la sua preoccupazione per il dolore che la sua perdita avrebbe provocato a Stefano, con il quale aveva condiviso non solo la vita privata, ma anche battaglie civili e impegno pubblico.
Laura Santi conviveva da quasi 30 anni con una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla. La diagnosi risale alla seconda metà degli anni '90: le prime avvisaglie della patologia arrivano tra il 1995 e il 2000, ma è dal 2014/2015 che il decorso diventa più aggressivo, portando a un peggioramento costante delle sue condizioni. Negli ultimi anni, la malattia era arrivata a condizionare ogni aspetto della sua vita:
La dignità e la qualità della vita di Laura sono progressivamente venute meno, nonostante gli sforzi di chi le era intorno e le terapie tentate. Nei suoi scritti e nelle sue dichiarazioni pubbliche, Laura parlava della “fatica clinica” che la costringeva per ore in penombra e silenzio, e descriveva l’inferno quotidiano vissuto tra dolori, spasmi e la consapevolezza di un peggioramento irreversibile.
Il ricorso al suicidio assistito per Laura Santi è stato il risultato di un percorso lungo, accidentato e doloroso. La sua richiesta alla ASL di competenza – la Umbria 1 – era stata presentata quasi tre anni prima della sua morte, seguita da diffide, azioni giudiziarie, esposti e una drammatica attesa di verifiche. Solo nel novembre 2024, dopo reiterate sollecitazioni e dietro provvedimento del Tribunale di Perugia, una commissione medica multidisciplinare ha riconosciuto a Laura il possesso dei requisiti previsti dalla Corte costituzionale per accedere al suicidio medicalmente assistito.
Il marito Stefano ha seguito ogni fase della procedura, sostenendo la scelta di Laura e ribadendo come, nell’ultimo anno, le sue sofferenze fossero diventate insopportabili.
La procedura è stata completata a casa, con il supporto di un’équipe medica attivata su base volontaria, secondo le modalità previste e autorizzate dalla legge.
Laura Santi ha deciso di mettere fine alla propria vita il 22 luglio 2025, dopo essersi auto-somministrata il farmaco letale. Nel messaggio lasciato agli amici, ai familiari e all’opinione pubblica, ha sottolineato la libertà riconquistata dalla fine delle sofferenze e il desiderio che ciascuna persona, “solo chi vive questa sofferenza estrema”, possa essere l’unica a scegliere il proprio destino. La sua storia prosegue oggi nella memoria di chi l’ha amata e nella battaglia laica e civile che ha portato avanti fino alla fine.