Mohammad Hussein, attuale Gran Muftì di Gerusalemme, rappresenta un’autorità religiosa e politica di rilievo per i musulmani in Palestina. Il suo arresto da parte di Israele, avvenuto dopo un sermone critico nei confronti della politica israeliana verso i palestinesi, ha acceso nuove tensioni in una regione già segnata da conflitti e profondi dissapori.
L’episodio riflette la complessità e la delicatezza della situazione a Gerusalemme, dove questioni di fede, politica e identità si intrecciano strettamente, e dove il ruolo del Gran Muftì si colloca al centro di questo cruciale equilibrio. Le ripercussioni dell’arresto si dispiegano tanto a livello locale quanto internazionale, alimentando il confronto diplomatico e la lotta per i diritti e la giustizia nel contesto israelo-palestinese.
Mohammad Hussein è l’attuale Gran Muftì di Gerusalemme e della Palestina, nonché predicatore della storica moschea di Al-Aqsa, uno dei luoghi santi più importanti dell’Islam. La figura del Gran Muftì di Gerusalemme rappresenta la massima autorità giuridico-religiosa islamica sunnita nella città, ed è responsabile della gestione dei siti sacri, tra cui Al-Aqsa. Questa carica è di grande rilevanza spirituale e politica per la comunità musulmana palestinese e per tutto il Medio Oriente.
Il ruolo del Gran Muftì ha radici storiche profonde, risalenti all’epoca ottomana e consolidatosi durante il mandato britannico in Palestina. Il Gran Muftì è una figura chiamata a mediare tra esigenze religiose e le dinamiche politiche locali e internazionali, rappresentando spesso una voce autorevole nelle questioni riguardanti Gerusalemme e la Palestina islamica. Mohammad Hussein, come suo predecessore, ricopre tale ruolo in uno scenario di forte conflitto e tensioni quotidiane tra Israele e palestinesi.
Il 25 luglio 2025, le forze israeliane hanno arrestato Mohammad Hussein dopo la preghiera del venerdì nel complesso della moschea di Al-Aqsa, nella Gerusalemme occupata. L’arresto è avvenuto nel cortile della moschea, dove Hussein aveva appena pronunciato il sermone del venerdì durante il quale ha condannato apertamente la politica israeliana, definendo in particolare la strategia di fame imposta alla popolazione palestinese nella Striscia di Gaza.
Le fonti locali riportano che l’arresto è stato eseguito con un’irruzione da parte di un’unità speciale della polizia israeliana, che ha fatto accesso anche negli uffici della guardia della moschea e del suo direttore. Hussein è stato prelevato e scortato fino alla Porta Marocchina, una delle entrate al complesso di Al-Aqsa, e poi trasferito fuori dalla zona.
Israele giustifica tale arresto con la volontà di frenare quella che definisce una incitazione al "terrorismo" e sostiene che il sermone di Hussein rappresentava un incoraggiamento alla violenza contro lo Stato israeliano. Dal canto suo, Hamas e altre organizzazioni palestinesi hanno definito l’arresto come un’azione che alimenta ulteriormente la tensione e ostacola ogni possibilità di dialogo e pace nella regione.
L’arresto di un'autorità religiosa di tale rilievo come il Gran Muftì di Gerusalemme è evento di grande impatto simbolico e politico. La moschea di Al-Aqsa e il suo custode sono da sempre elementi centrali nel confronto israelo-palestinese, un nodo cruciale che coinvolge questioni di religione, storia, identità nazionale e sovranità territoriale.
La detenzione di Hussein ha suscitato reazioni a livello internazionale. In concomitanza con l’arresto, il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato il riconoscimento della Palestina come Stato, un gesto che Israele ha condannato definendolo “un premio al terrore”. A livello europeo e occidentale, la decisione francese ha segnato un ulteriore punto di crisi nella già fragile situazione mediorientale.
Parallelamente, negoziati internazionali e consultazioni urgenti tra leader europei e americani sono state avviate per tentare di arginare l’escalation di tensioni derivante dall’arresto e dalle recenti operazioni militari nella regione. La mossa israeliana è vista da molti analisti come un tentativo di controllare un contesto in rapido deterioramento dopo i recenti scontri e i problemi umanitari sempre più gravi a Gaza.
La carica di Gran Muftì di Gerusalemme ha avuto un ruolo storico molto significativo nel corso del Novecento, associato a figure iconiche e controverse. Tra queste, Muhammad Amin al-Husseini, Gran Muftì negli anni ’20 e ’30, celebre (e controverso) per la sua opposizione all’insediamento ebraico in Palestina e per i suoi legami con il nazismo.
Al-Husseini fu un protagonista della storia mediorientale, riconosciuto come uno dei precursori del nazionalismo arabo radicale e del fondamentalismo islamico, e la sua figura continua a essere oggetto di dibattito e interpretazioni contrastanti. La funzione del Gran Muftì, pur rimanendo essenzialmente religiosa, ha sempre avuto, e continua ad avere, una forte componente politica, data la centralità di Gerusalemme nella geopolitica regionale.