04 Aug, 2025 - 10:22

Caso Garlasco, Enrico Manieri rivela: "La macchia di sangue sul telefono potrebbe cambiare tutto"

Caso Garlasco, Enrico Manieri rivela: "La macchia di sangue sul telefono potrebbe cambiare tutto"

A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco si presenta ancora oggi come un enigma irrisolto, alimentato da nuove indagini, perizie scientifiche e inedite ricostruzioni che continuano a far discutere. L’attenzione su questo fatto di cronaca, divenuto simbolo di una giustizia dalla doppia faccia, è tornata vivissima grazie agli ultimi sviluppi legati agli studi sulle tracce di sangue e sulla scena del crimine, messi in luce dall’esperto di Bloodstain Pattern Analysis (BPA) Enrico Manieri.

Garlasco, lo studio di Enrico Manieri

Il caso parte da una serie di dettagli: il 13 agosto 2007 Chiara Poggi, ventiseienne, viene trovata senza vita nella villetta di via Pascoli a Garlasco. Ben presto, complice anche la relazione con la vittima, il fidanzato Alberto Stasi finisce sotto la lente degli inquirenti. Le indagini porteranno a una lunga battaglia processuale e, infine, alla sua condanna, ma gli interrogativi non sono mai venuti meno.

Proprio sui dettagli si è concentrato negli ultimi tempi il lavoro di Enrico Manieri. Esperto di BPA, ex consulente di parte nel caso Pacciani, ha studiato a fondo le fotografie della scena del delitto, ricreando con il figlio Marco numerosi modelli 3D. L’obiettivo: individuare informazioni trascurate che possano aiutare a chiarire cosa sia veramente accaduto quella tragica mattina.

La macchia ellittica e l’inclinazione della cornetta

Uno degli elementi più discussi è una piccola macchia di sangue, ellittica e dotata di una sorta di “gambetta”, rinvenuta sotto la cornetta del telefono situato vicino alle scale dove fu ritrovato il corpo di Chiara. Analizzando l’inclinazione di questa traccia – compresa tra i 15 e i 20 gradi – Manieri è giunto a una sorprendente conclusione: la macchia sarebbe stata prodotta mentre la cornetta era sollevata. Un dettaglio non considerato nelle ricostruzioni che hanno portato alla condanna di Stasi.

A conferma di questa teoria, secondo indiscrezioni, anche gli specialisti del RIS di Cagliari avrebbero rilevato un’inclinazione di 19 gradi. Questa evidenza – tale da supportare le ipotesi di Manieri – spinge a rivedere la dinamica del crimine, suggerendo che alcuni particolari fondamentali siano stati a lungo ignorati.

Più persone sulla scena: l’impronta a quadretti

Un altro aspetto chiave riguarda la presenza di più persone sulla scena del crimine. Secondo Manieri, la relazione autoptica descrive una macchia sulla coscia sinistra della vittima lasciata da una suola diversa (a quadretti), rispetto a quella a pallini individuata vicino al corpo. Questo indizio potrebbe aprire a nuove prospettive sulle responsabilità e la dinamica del delitto, suggerendo che l’azione non sia stata opera di un solo individuo.

Il mistero dell’arma del delitto

L’arma del delitto resta uno dei punti più oscuri dell’inchiesta. Attraverso la ricostruzione delle ferite presenti sul volto e sulla tempia di Chiara, Manieri ipotizza una perfetta corrispondenza con un portavaso in ferro battuto trovato accanto al corpo, dotato di un contenitore per acqua in ottone. Se questa ipotesi fosse confermata, verrebbe meno anche l’ipotesi della premeditazione, dato che l’oggetto incriminato era un elemento d’arredo disponibile in casa e non portato dall’esterno. La recente decisione di dragare un fosso vicino alla villetta per cercare l’arma dimostra, tuttavia, che le certezze restano poche.

Le posizioni di Manieri

Enrico Manieri ci tiene a precisare la natura puramente scientifica e gratuita del suo coinvolgimento: non ha avuto contatti diretti con la famiglia Stasi né con i loro difensori; si limita a segnalare possibilità e scenari plausibili alle autorità e alla difesa tramite i video pubblicati sul proprio canale Youtube. Il suo resta un contributo tecnico, privo di giudizi, guidato dall’interesse per la verità.

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