L’omicidio di Chiara Poggi, noto come il delitto di Garlasco, torna prepotentemente all’attenzione pubblica grazie alla testimonianza dell’esperto di balistica Enrico Manieri. Intervenuto durante la trasmissione “Incidente probatorio" su Canale 122, Manieri ha gettato nuova luce su dettagli finora poco discussi della scena del crimine, sollevando dubbi profondi sulla ricostruzione ufficiale dell’accaduto.
“Lasciamo perdere Stasi, Sempio e il concorso di altri. Il vero punto debole dell’indagine è la fase criminalista”. Con queste parole, Manieri pone l’accento su un errore fondamentale dell’inchiesta: la presenza di una sola impronta, quella della scarpa Frau 42 a pallini, sulla scena del crimine. Secondo l’esperto, questa affermazione non è corretta.
Analizzando la documentazione autoptica, Manieri segnala la presenza di un’altra impronta distintiva: “Abbiamo nel verbale un’impronta che ha colpito la coscia di Chiara, diversa da quella della Frau 42. Ha dei risalti rettangolari – viene infatti definita dal medico legale come ‘impronta columnariforme’. È quindi riconducibile a una seconda scarpa, diversa da quella sequestrata e indicata come unica nella narrazione processuale”.
Elemento ancora più sorprendente, rivela Manieri, è il ritrovamento di una terza impronta: “Nel sangue davanti alla porta libro, ho trovato la traccia di una scarpa che non ha nulla a che vedere con le 27 scarpe sequestrate ai soccorritori, al medico legale, al magistrato, e nemmeno con quella attribuita agli indagati”. Non si tratta quindi di un errore di contaminazione causato dai primi intervenuti sulla scena del crimine, ma di una scarpa potenzialmente appartenente all’assassino o a qualcun altro presente in quei drammatici momenti.
Secondo l’esperto, anche la compatibilità con scarpe rinvenute successivamente nel fosso di Gropello sarebbe un’ipotesi tutta da approfondire, in quanto alcuni elementi morfologici fanno pensare a una connessione diretta con questi nuovi reperti.
Non solo impronte: Manieri aggiunge ulteriori dettagli inediti sulle modalità dell’aggressione a Chiara Poggi. Dopo uno studio balistico e morfologico approfondito, sostiene di aver individuato la “componente presente sulla scena del crimine responsabile delle ferite al volto di Chiara”.
Tuttavia, l’oggetto a cui fa riferimento non sarebbe stato utilizzato come arma in senso proprio, bensì come superficie d’urto: “Non sto dicendo che è stato usato il portavaso per colpirla. È il volto di Chiara che, nella dinamica dell’aggressione, ha impattato direttamente il portavaso presente nella casa. Da questa dinamica derivano tutte le lesioni sul volto, compresa quella alla tempia sinistra, che era stata attribuita teoricamente a un colpo di punta”.
Un’ipotesi, questa, che sfida la ricostruzione medico-legale precedente e potrebbe costringere la procura e gli inquirenti a rivedere parte della sequenza degli eventi.
Le rivelazioni di Enrico Manieri sembrano trovare eco anche nelle parole dell’ex comandante Marchetto e dell’avvocato Antonio De Rensis, secondo i quali permangono forti dubbi sulle prove raccolte negli anni e su potenziali elementi spariti o mai presi sufficientemente in considerazione. Il rischio, secondo loro, è che la verità sul delitto di Garlasco sia ancora lontana e che solo una revisione radicale degli atti possa riportare la certezza nella ricostruzione degli eventi.
Manieri stesso, come dichiarato pubblicamente, ha inviato alla procura di Pavia un video dettagliato con le sue analisi e si dice pronto a un confronto, forte della corrispondenza “uno a uno” tra ferite e oggetti presenti sulla scena.