05 Aug, 2025 - 14:15

Gaza, ecco cosa ha detto Edith Bruck sul "genocidio" e sul riconoscimento dello Stato di Palestina

Gaza, ecco cosa ha detto Edith Bruck sul "genocidio" e sul riconoscimento dello Stato di Palestina

Nell’attuale clima di divisione e scuola politica internazionale, l’intervista concessa da Edith Bruck a La Stampa si staglia come un appello alla ragionevolezza e alla memoria storica. La scrittrice e poetessa ungherese naturalizzata italiana, sopravvissuta alla Shoah e voce autorevole sui temi della memoria e dei diritti umani, interviene sul conflitto israelo-palestinese, chiedendo riconoscimento e verità, ma anche attenzione all’uso delle parole.

Edith Bruck, appello per la Palestina e per la pace

Edith Bruck si esprime chiaramente sulla necessità di riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese, definendo questo passo come imprescindibile per porre fine all’odio e alla violenza che da decenni tormentano il Medio Oriente.

 “Il governo di Israele dovrebbe lasciare i territori della Cisgiordania ai palestinesi. E che ci debba essere il riconoscimento dello stato palestinese prima o poi, perché altrimenti non ci sarà mai fine a questo odio, a questa violenza”, afferma la scrittrice con decisione, sottolineando come la soluzione dei due Stati sia l’unica strada davvero percorribile per una pace duratura.

Tuttavia, Bruck non risparmia una critica alle manifestazioni di piazza che spesso, secondo lei, si schierano solo da una parte senza davvero cercare una pace vera e condivisa.

Massacro sì, genocidio no: il peso delle parole

Uno dei passaggi più delicati e discussi dell’intervista riguarda l’uso della parola “genocidio” per riferirsi a quanto sta avvenendo oggi a Gaza. “Questo è un massacro spaventoso, ma parlare di genocidio significa sminuire il valore di questa parola e di quello che è accaduto con i nazisti.

Non bisogna fare confusione, non bisogna banalizzare, si tratta di due drammi molto diversi”, spiega Edith Bruck, tracciando un confine netto tra la tragedia della Shoah di cui fu vittima e la drammatica situazione attuale nella Striscia di Gaza. Secondo la scrittrice, la banalizzazione della parola genocidio rischia di appiattire la complessità dei drammi storici diversi e di offuscare la reale gravità di entrambi i contesti.

Le critiche al governo e agli estremismi

Edith Bruck mostra uno sguardo critico anche verso il governo israeliano, riconoscendo la gravità delle sue azioni e il pesante impatto sull’immagine e sulla sicurezza degli ebrei nel mondo: “Il governo di Israele non si rende conto del danno che sta provocando agli ebrei che vivono in tutto il mondo. Stanno facendo qualcosa di mostruoso che ha scatenato una nuova ondata di antisemitismo”.

Allo stesso tempo, l’autrice non accetta le manifestazioni in cui si sventolano esclusivamente bandiere palestinesi, invitando – in nome della pace vera – a non schierarsi ciecamente da una sola parte e a non dimenticare la sofferenza e i diritti di entrambe le popolazioni coinvolte.

La Shoah come monito

Per tutta l’intervista, il vissuto di Edith Bruck rimane centrale, non solo nelle riflessioni sulla parola “genocidio”, ma anche nell’invito a una memoria vigile e responsabile. Usa la propria esperienza non come arma, ma come strada per evitare che le tragedie del passato vengano banalizzate o distorte. Secondo Bruck, solo mantenendo la memoria della Shoah e delle sue unicità si può davvero lavorare per una giustizia globale e per la pace, senza cadere in pericolosi paragoni impropri che, invece di costruire ponti, creano divisioni.

 

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