Nel caso Garlasco, uno dei cold case più discussi d’Italia, emergono nuove ombre e dettagli inediti che riaccendono il dibattito e rilanciano interrogativi sulla verità mai del tutto accertata. Ad alimentare nuovamente l’interesse sull’omicidio di Chiara Poggi è la puntata di "Filorosso" di questa settimana, che ha svelato particolari finora rimasti marginali nelle cronache giudiziarie, portando a galla nuovi dubbi e possibili piste investigative.
È l’avvocato Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi — il principale imputato del processo —, a lanciare una vera e propria “bomba” durante la trasmissione Rai “Filorosso”: “Sono convinto che sulla scena del crimine ci fossero più persone. Dobbiamo aspettare, credo arriveranno molti accertamenti che susciteranno confronti piuttosto vivi”. L’ipotesi avanzata dal legale accende ancora una volta i riflettori sulla possibilità che la mattina del 13 agosto 2007, nella villetta dei Poggi, la vittima non fosse sola di fronte al suo carnefice.
Ma è la criminologa Flaminia Bolzan a riportare l’attenzione su un dettaglio inquietante emerso già durante l’autopsia condotta dal dottor Marco Ballardini: un foro di diametro molto piccolo all’altezza della tempia di Chiara, vicino all’orecchio. Se le ferite classiche sono state spesso attribuite a un martello, questo segno non rientra nel quadro noto e apre il campo a nuove ipotesi sull’arma del delitto — arma, tra l’altro, mai ritrovata.
Secondo la criminologa, il taglio sugli occhi non sarebbe coerente con l’utilizzo della parte sottile di un martello, lasciando pensare invece a un “mezzo ad azione tagliente più fine”. Una valutazione che si scontra con la tradizionale ricostruzione del gesto criminale e che suggerisce il potenziale utilizzo di più strumenti da parte dell’autore — o degli autori — del delitto.
Le indagini negli anni si sono concentrate sul materiale genetico ritrovato sulla scena del crimine. Recentemente, è stata nuovamente analizzata la spazzatura repertata nel 2008: tra i rilevamenti, l’unico Dna isolato — oltre a quello della vittima — è stato quello di Alberto Stasi su una cannuccia. Ad aggiungere altri elementi di mistero è la presenza di un cromosoma Y senza nome nei frammenti del tappetino del bagno: una traccia che, con le tecniche moderne, potrebbe finalmente identificare una nuova figura chiave del caso.
In attesa che il tribunale riapra a settembre e riprendano gli accertamenti, la caccia all’identità dietro quel Dna sconosciuto promette di scuotere ulteriormente le certezze acquisite in questi anni.
Tra i punti fermi degli inquirenti c’è il fatto, ricostruito anche grazie a testimonianze e movimenti noti di Chiara, che la giovane avrebbe aperto la porta di casa senza esitazione. Un dettaglio che fa ipotizzare un rapporto di conoscenza e di fiducia con l’assassino, complicando ulteriormente la ricerca del colpevole.
Oggi la scena del crimine di Garlasco appare più complessa di quanto si pensasse finora: il piccolo foro vicino all’orecchio, la possibilità di un secondo aggressore, la presenza di Dna non ancora associato a nessun nome e l’ipotesi — sempre più concreta — che l’omicidio di Chiara Poggi sia frutto di un’azione coordinata o di più mani. Le richieste di ulteriori accertamenti da parte della Procura e la pausa delle attività per le ferie estive non fanno che alimentare la tensione e le aspettative su possibili “svolte” in arrivo.