13 Aug, 2025 - 10:48

Il linguaggio della politica tra Prima e Terza Repubblica

Il linguaggio della politica tra Prima e Terza Repubblica

E’ il linguaggio che cambia la politica o la politica che cambia il linguaggio? E’ una domanda alla Marzullo alla quale prova a dare una risposta il giornale online Linkiesta.

“Nella Prima Repubblica dominavano i partiti organizzati e i partiti erano dominati dalle parole, perciò c’era molta lettura dei giornali (ogni politico, anche medio, aveva sottobraccio il classico fascio di quotidiani), c’erano riviste di approfondimento politico ovunque, c’erano riunioni di sezione in cui dibattere delle parole scritte, cui si aggiungeva qualche libro formativo” scrive Linkiesta.

E la politica si faceva nelle sezioni: “Forse era un metodo troppo pedagogico, forse era legato ai bassi livelli d’istruzione, forse era la conseguenza di una visione del popolo come organismo deliberante, fatto sta che la comunicazione della Prima repubblica era fatta tutta di parole scritte o declamate (nei comizi) pensate dall’alto e discusse dal basso”.

La Seconda Repubblica nasce e cresce con la televisione: alla parola scritta si sostituisce il linguaggio televisivo. È cambia il linguaggio politico: “Non c’è più bisogno di riunire le persone nelle sezioni, basta averle davanti al video. Il popolo diventa audience. Questo cambia i meccanismi persuasivi: prima lasciati al turbinare delle parole, adesso al turbinare delle trasmissioni televisive”.

Dalle sezioni di partito invase dal fumo all’era dei social

E oggi che si parla di Terza Repubblica il mezzo dominante è internet, con i social media: “Il linguaggio della politica cambia di nuovo e in molti modi che qui possiamo solo riassumere: dominio delle immagini e poi dei video a cui si reagisce in tempi istantanei; comunicazione peer-to-peer (cioè tra pari, o supposti tali) e non più dall’alto verso il basso, ma dal basso verso il basso, inclusa anche l’interpretazione dal basso di tutto ciò che viene dall’alto; formazione di bolle autoreferenti (nessuno più vede quello che vedono tutti, la base antica della formazione dell’opinione pubblica, ma ognuno ha il suo palinsesto personale); soprattutto, nella gara feroce a conquistare l’attenzione, si stabilisce il dominio dell’emozione perché nessun ragionamento sarà più emozionante (per altro, non ne avrebbe il tempo) di un’immagine o di un video”.

È finisce forse per sempre la fase del ragionamento politico, della riflessione, del confronto tra persone, tra militanti. Nostalgia del passato con le sezioni di partito invase dal fumo delle sigarette? No, nostalgia delle riflessioni.

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