24 Aug, 2025 - 08:53

Stipendi più alti ma meno soldi in tasca? Ecco perché il netto in busta paga non cresce

Stipendi più alti ma meno soldi in tasca? Ecco perché il netto in busta paga non cresce

Sono mesi in cui si sente parlare vivamente di aumenti in busta paga per i lavoratori. Quel che, spesso, non si comprende è che aumenti di questo tipo non corrispondono necessariamente a stipendi più alti.

Sembrerà paradossale a primo acchito, ma in realtà è una questione di cui bisogna parlare per non ritrovarsi brutte sorprese, aspettative deluse e farsi infatuare da false speranze.

Ci sono, infatti, alcune promesse che possono far pensare il contrario di quello che accade realmente, ovvero un sistema di tagli e aumenti che sono il contrario di ciò che sembrano.

Proprio di questo aspetto discuteremo nel testo, spiegando come il peso del Fisco, in realtà, riduce i benefici per i lavoratori.

Cosa c’è di vero negli aumenti in busta paga

Gli aumenti in busta paga non sempre si traducono in un aumento dell’importo netto percepito dai lavoratori.

Una situazione paradossale figlia di un meccanismo: il drenaggio fiscale (fiscal drag). Non pensiate che si tratti di un argomento nuovo, ma ritornato all’attenzione e al centro della discussione nel mese di giugno, a seguito delle osservazioni dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio.

L’Irpef è un sistema progressivo e il suo funzionamento è molto semplice: all’aumentare del reddito, aumenta di conseguenza anche il prelievo fiscale. Al pari dei bonus e delle detrazioni che in busta paga, non prevede un meccanismo di adeguamento automatico all’inflazione.

Ecco che i lavoratori si troveranno solo stipendi lordi più alti, ma non i netti, ovvero quello che si ritrovano in tasca ogni mese.

Cosa significa che sale lo stipendio lordo ma non quello netto

Fino a ora abbiamo fatto una spiegazione molto generale, ma scendiamo più nello specifico per capire cosa, effettivamente, accade.

Il drenaggio fiscale comporta un effetto nefasto: nonostante l’adeguamento dei CCNL all’inflazione, il potere d’acquisto reale del cittadino resta lo stesso o, negli scenari peggiori, scende.

Succede spesso che, con l’inflazione, gli stipendi vengano alzati. Ma questo può far salire il lavoratore in una fascia di reddito più alta, dove si pagano più tasse. Quindi: prendi di più, ma paghi anche più tasse.

In Italia, poi, molti bonus e sconti sulle tasse dipendono da quanto si guadagna. Se il reddito aumenta, si potrebbero perdere:

  • Il bonus in busta paga (ex bonus Renzi);
  • Alcune detrazioni per chi lavora;
  • Il nuovo sconto sul cuneo fiscale previsto nel 2025.

Il risultato è che l’aumento dello stipendio può essere quasi annullato dalle tasse. Insomma, guadagni di più, ma alla fine in tasca ti resta poco.

Gli effetti dell’Irpef sugli stipendi

Un altro aspetto decisivo è la cosiddetta riforma dell’Irpef. Ricordiamo, a tal proposito, che la Legge di Bilancio 2025 ha reso strutturale la revisione dell’Irpef a 3 aliquote e scaglioni.

Come già detto, il calcolo è progressivo: significa che ogni parte del reddito viene tassata con un’aliquota diversa, a seconda della fascia di reddito a cui appartiene. 

Stipendio più alto = meno bonus e benefici: conseguenze pratiche

Accanto all’Irpef, occorre considerare bonus e benefici in busta paga. Infatti, sull’Irpef lorda si applicano le detrazioni per lavoro dipendente, il trattamento integrativo (Tir) e il bonus derivato dal taglio del cuneo fiscale.

Procediamo con ordine. Per quanto riguarda il trattamento integrativo, ovvero l’ex bonus Renzi, è una misura che può arrivare fino a 100 euro al mese per i lavoratori con reddito fino a 15.000 euro. Inoltre, il bonus cresce progressivamente fino a 28.000 euro di reddito. Oltre, si azzera.

Da considerare, altresì, i benefici in busta paga. Pertanto, l’importo effettivo dello stipendio, ovvero quello che si prende ogni mese, è il risultato di molteplici fattori, di taglia e cuci, un aumento e una diminuzione scaturita da Irpef, bonus cuneo fiscale e trattamento integrativo.

Tutti fattori che, da una parte portano aumenti in busta paga, ma dall’altra, inevitabilmente (in alcuni casi, comportano stipendi netti più bassi.

Chi guadagna poco più della soglia che fa scattare un’aliquota Irpef più alta rischia di perdere detrazioni e bonus in busta paga. Così, anche se lo stipendio aumenta, il vantaggio può essere molto ridotto o addirittura scomparire.

Perciò, aumentare lo stipendio per compensare l’inflazione spesso resta solo un’idea, perché alla fine si guadagna più o meno la stessa cifra.

Aumenti in busta paga: cosa sapere

  • Stipendi più alti, ma tasse più alte: quando aumenta lo stipendio, spesso si pagano più tasse, quindi il netto in busta paga non cresce come sembra;
  • Bonus e detrazioni si riducono: superare certe soglie di reddito fa perdere bonus e sconti, annullando parte dell’aumento;
  • Il potere d’acquisto resta fermo: l’aumento nominale dello stipendio non compensa l’inflazione, perché le tasse cancellano il guadagno reale.
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