Paolo Mieli si è portato avanti e nel suo ultimo libro, “Il prezzo della pace” edito da Rizzoli, pensa al dopo guerra, anzi al dopo guerre perché nel mondo si combatte non solo in Ucraina e Medioriente.
“Si fa presto a dire pace. Quando finisce una guerra, restano irrisolti innumerevoli problemi generati di norma da dettagli trascurati per ragioni di necessità. Anche quando è ben chiaro il confine che divide i vincitori dagli sconfitti, a chi sarà assegnato l’alloro per aver combattuto dalla parte del bene e chi sarà invece dannato come un’incarnazione del male” scrive l’editorialista del Corriere della Sera.
Da storico, allievo di Renzo De Felice, nel volume traccia un percorso che dalla storia antica alla più recente inquadra i meccanismi della pacificazione post- conflitto. Nella convinzione, scrive l’autore, che quando si tratta di “fare la pace un buon ripasso, ancorché per sua natura disomogeneo, può esserci più utile delle improvvisazioni. Delle pur auspicabili sospensioni dei combattimenti. Destinate a reggere per un tempo breve, e a covare nuovi conflitti”.
Mieli dedica il capitolo finale del volume al suo maestro Renzo De Felice: “Mi ha insegnato a diffidare delle verità rivelate, a mettere in discussione la versione ufficiale degli accadimenti passati. Versione utile a far tornare i conti, a corroborare i giudizi sul presente”. E il racconto di dieci piccoli casi ci insegna che sotto un’improvvisa e sempre auspicabile pace cova una fiammella di odio che può far divampare un incendio.