La Rottamazione Quinquies potrebbe trovare spazio nella prossima Legge di Bilancio. Il dibattito politico si concentra ancora una volta sulla cosiddetta pace fiscale, uno dei temi più cari a una parte della maggioranza, e in particolare alla Lega.
L’idea nasce con l’obiettivo di alleggerire la posizione dei contribuenti che hanno accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate negli ultimi vent’anni, ma il percorso è tutt’altro che semplice. Il confronto ruota attorno alle risorse effettivamente disponibili e ai correttivi che il governo sarà costretto a inserire per evitare squilibri di cassa.
Ma come funzionerebbe la nuova rottamazione? Chi potrebbe beneficiarne davvero? E soprattutto, quanto peserebbe sui conti pubblici?
L’idea di fondo è chiara: spalmarne i pagamenti su un periodo molto lungo. Matteo Salvini ha più volte ribadito la necessità di introdurre una formula di pace fiscale che consenta ai debitori con cartelle esattoriali comprese tra il 2000 e il 2023 di estinguere le somme dovute con piani fino a 120 rate mensili.
In sostanza, dieci anni di tempo per saldare i debiti con il fisco, senza dover versare sanzioni, interessi e aggi.
La misura, se approvata, permetterebbe dunque a molti contribuenti di chiudere le proprie pendenze in maniera più sostenibile. Non si tratterebbe di un condono totale, bensì di un meccanismo agevolato che garantisce allo Stato di recuperare comunque le somme principali e, al tempo stesso, offre respiro finanziario a famiglie e imprese.
Tuttavia, il cammino non è lineare. Le trattative interne alla maggioranza e i limiti imposti dalla legge di bilancio rendono inevitabile una revisione del progetto iniziale. È plausibile che l’esecutivo punti a una versione più contenuta della misura, con criteri di accesso ben definiti.
Uno dei nodi centrali riguarda le soglie di accesso. Secondo le ipotesi allo studio, la platea dei beneficiari non sarà illimitata. Per ragioni di sostenibilità, i tecnici del Ministero dell’Economia stanno valutando la possibilità di introdurre fasce di debito che determinerebbero chi potrà aderire e chi no.
In pratica, a seconda dell’ammontare del debito accumulato, alcuni contribuenti rischierebbero di restare esclusi. L’idea di fondo è evitare che la misura diventi troppo onerosa per lo Stato e che si trasformi in un incentivo a non pagare le tasse nei tempi previsti.
C’è poi la questione dei cosiddetti debitori seriali. Si tratta di coloro che in passato hanno approfittato delle precedenti edizioni di rottamazione per bloccare pignoramenti o fermi amministrativi senza poi onorare i pagamenti delle rate.
Per costoro, il governo potrebbe stabilire requisiti molto più rigidi, limitando la possibilità di rientrare nel nuovo piano. Un filtro che andrebbe a tutelare i contribuenti che invece intendono sfruttare realmente l’opportunità per regolarizzare la propria posizione.
Oltre alle soglie economiche, è in discussione anche l’introduzione di criteri legati alla situazione reddituale dei debitori. Una selezione basata sulla condizione economica permetterebbe di concentrare la misura su chi ha maggiori difficoltà e ridurre così i rischi di abusi.
La vera partita, come sempre, si gioca sulle risorse. Secondo le stime riportate da Il Sole 24 Ore, la nuova rottamazione potrebbe costare fino a 5 miliardi di euro. Una cifra elevata che mette in tensione la programmazione della prossima Manovra di Bilancio. Per questo motivo, l’esecutivo starebbe valutando correttivi e limature in grado di contenere la spesa complessiva.
Non va dimenticato che le precedenti edizioni della rottamazione non hanno sempre raggiunto gli obiettivi sperati.
La Rottamazione Quater, ad esempio, ha mostrato un divario significativo tra le somme previste e quelle effettivamente incassate. Molti contribuenti hanno aderito inizialmente, ma una parte consistente non ha poi rispettato i piani di pagamento. Un elemento che spinge il governo a muoversi con cautela, consapevole che il rischio di incassi inferiori alle attese resta molto alto.
Il bilancio delle esperienze passate suggerisce quindi un approccio più selettivo e calibrato. Se da un lato c’è la necessità politica di offrire un segnale di apertura verso chi è in difficoltà, dall’altro rimane la priorità di mantenere in ordine i conti pubblici. La sfida sarà proprio trovare il giusto equilibrio tra queste due esigenze contrapposte.