Su Psiche Criminale, canale 122, la trasmissione affronta il tema della prostituzione e della sua organizzazione in Italia. In studio è presente il professor Carlo Taormina, ordinario di Procedura Penale all’Università Tor Vergata, mentre in collegamento interviene Angelo Iannone, ex colonnello dei ROS.
La conversazione prende avvio da una fotografia realistica di ciò che accade quotidianamente nelle città italiane: di giorno e di notte, le strade sono percorse da numerose donne che si prostituiscono, e la stampa locale di Roma sottolinea come il fenomeno sia ininterrotto, con parcheggi abusivi che diventano punti di incontro fin dal tramonto e rimangono attivi fino all’alba. Bastano pochi euro, spesso cinque, per avere un contatto con una sex worker, ma dietro questa apparente immediatezza si cela un sistema di sfruttamento radicato e complesso.
Rispondendo alla domanda sul perché non legalizzare la prostituzione, Taormina mette in evidenza la differenza sostanziale tra prostituzione libera, sfruttamento e schiavitù. La sua riflessione parte dall’esperienza diretta di incontri con donne che hanno vissuto il calvario dell’adescamento, dell’essere portate in strada e poi segregate in stanze dove subiscono violenze dal capo dell’organizzazione e, successivamente, da altri membri, con lo scopo di piegarle e abituarle a un regime di sfruttamento costante. Una vita terribile, fatta di dolore e sopraffazione, che mostra l’assurdità di pensare alla prostituzione come a una scelta autonoma in moltissimi casi. Esistono strutture di supporto finanziate per dare un aiuto concreto a queste vittime, ma il cammino per offrire reali possibilità di uscita e reintegrazione resta ancora lungo e pieno di ostacoli.
Iannone conferma l’analisi e sottolinea come sarebbe indispensabile potenziare gli strumenti a disposizione delle indagini. Il fenomeno della prostituzione organizzata è strettamente legato ad alcune mafie straniere, in particolare quelle nigeriane e dell’Europa dell’Est. Tradizionalmente, le mafie italiane si erano mostrate contrarie al business della prostituzione, ma a partire dagli anni 2000 lo scenario è mutato: comprendendo le potenzialità economiche, anche queste organizzazioni hanno iniziato a inserirsi nel settore. La mafia nigeriana, per esempio, domina nel traffico di esseri umani provenienti dall’Africa centrale, organizzando lo spostamento di migranti che, giunti in Europa, diventano oggetto di sfruttamento sessuale spesso senza rendersene conto fino all’ultimo momento. Il metodo di controllo si fonda sulla logica del debito: le vittime sono costrette a versare i guadagni all’organizzazione per ripagare somme promesse o anticipate, con il peso ulteriore che i familiari rimasti nei paesi d’origine rischiano ritorsioni se i pagamenti non vengono rispettati.
Taormina richiama l’attenzione sulla difficoltà di immaginare fino in fondo l’ampiezza e la crudeltà del fenomeno senza dotarsi di strumenti concreti di contrasto. Internet, osserva, rappresenta un fattore duplice: da un lato permette nuove possibilità di controllo e comunicazione, dall’altro è un terreno fertile per la crescita del fenomeno, rendendo più semplice la gestione delle reti di sfruttamento e l’adescamento di nuove vittime. Con l’avanzata dell’intelligenza artificiale, il rischio diventa ancora più alto: se non si saprà governare questa tecnologia, la sua potenzialità potrà essere sfruttata dalle organizzazioni criminali, ampliando ulteriormente il fenomeno. Di fronte a ciò, secondo il professore, non si può restare fermi: bisogna pensare a strategie nuove, capaci di affrontare un sistema in continua evoluzione.
Iannone, da parte sua, sottolinea i progressi compiuti dalle tecniche investigative, oggi più sofisticate nel monitorare le reti e raccogliere prove, ma ribadisce che non si può contare solo sulla repressione. Serve un lavoro culturale di prevenzione, soprattutto tra i giovani. Nelle scuole è fondamentale parlare di questi temi, educare i ragazzi e renderli consapevoli dei rischi del web, delle modalità con cui vengono attuati l’adescamento e lo sfruttamento, e delle conseguenze di una superficialità nell’utilizzo degli strumenti digitali. La sensibilità delle nuove generazioni può diventare un’arma importante nella lotta contro il radicamento di queste organizzazioni.
La puntata mette in evidenza come non basti discutere di legalizzazione: il nodo centrale resta smantellare le logiche di sfruttamento, spezzare i meccanismi di coercizione e restituire dignità a chi vive nella schiavitù moderna. Interventi legali, strumenti investigativi avanzati ed educazione culturale rappresentano i tre pilastri sui quali fondare una strategia capace di incidere davvero. Solo così, con la collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine e società civile, si potrà offrire alle donne coinvolte nello sfruttamento sessuale non soltanto protezione, ma anche una reale possibilità di riscatto.