Siamo ormai alle battute finali di un'indagine che speriamo possa promettere di chiudere uno dei capitoli più controversi della cronaca nera italiana. Il termine ultimo per l'incidente probatorio è fissato al 18 dicembre, data che tutti si augurano possa essere anticipata. L'attesa è spasmodica e ruota interamente attorno a un nome: dottoressa Cristina Cattaneo, medico legale e antropologa forense.
È proprio lei che è stata chiamata a fornire una consulenza cruciale: determinare con quante e quali armi è stata uccisa Chiara Poggi quel tragico 13 agosto. La sua perizia è il tassello mancante per fare piena luce su quel brutale omicidio.
Per comprendere la complessità della sfida che attende la dottoressa Cattaneo, abbiamo interpellato un'esperta del settore, la dottoressa Elena Varotto, antropologa forense. “Lavorare su un caso così datato presenta ostacoli enormi,” spiega la dottoressa Varotto.
“Qualsiasi perizia successiva, per quanto accurata, deve sempre fare i conti con la qualità e la completezza del materiale iniziale. La Cattaneo dovrà compiere un vero e proprio miracolo investigativo, riassemblare un puzzle con pezzi che, nel tempo, potrebbero essere stati smarriti o alterati.”
Come da prassi, in casi così delicati nulla trapela sulle modalità di lavoro della dottoressa Cattaneo. Possiamo solo presumere il suo meticoloso approccio, ma le incognite sul tavolo sono tantissime. Il tempo trascorso è il primo e più grande nemico della verità.
La perizia si trova a dover fare i conti con un materiale investigativo che, nel corso degli anni, si è dimostrato in parte inattendibile. Le ritrattazioni e le controversie legate a foto e reperti sollevano un dubbio legittimo: se i reperti sono stati gestiti con superficialità, quanto sono affidabili le fotografie scattate durante l'esame autoptico originale?
L'uso esclusivo di foto e referti risalenti al 2007 per la consulenza della dottoressa Cattaneo nel caso Poggi, ci spiega la dottoressa Varotto, comporta significative criticità tecnico-scientifiche e probatorie. La dottoressa Cattaneo si trova a lavorare con documentazione derivata, non diretta, senza avere accesso al corpo o ai campioni biologici originali, limitando drasticamente la sua analisi.
La prima grande problematica riguarda le limitazioni oggettive dell'osservazione indiretta. Le fotografie, per quanto ad alta risoluzione, non consentono una valutazione tridimensionale né la percezione tattile delle lesioni. L'interpretazione di traumi e ferite, elementi cruciali in medicina legale, rischia quindi di essere distorta o incompleta a causa delle condizioni di luce, angolazione o qualità delle immagini di repertorio.
In secondo luogo, l'impossibilità di nuove analisi biologiche e chimiche introduce un forte rischio di anacronismo scientifico. Gli esami del 2007 riflettono standard tecnologici e protocolli analitici dell'epoca, oggi superati. Non potendo riesumare il corpo per effettuare test aggiuntivi su tessuti o ossa, la Cattaneo è costretta a fondare le sue conclusioni su strumenti non più conformi all'attuale stato dell'arte forense.
Infine, l'analisi presenta notevoli problemi di catena di custodia e integrità probatoria. Un esperto che si pronunci oggi su foto di diciotto anni fa si configura come un perito “postumo”, la cui opinione difficilmente può sostituire quella di chi ha eseguito l'autopsia. In ambito processuale, questa condizione espone l'analisi a rischi di contestazione metodologica e limita la forza probatoria delle nuove deduzioni.
L'analisi rischia di rimanere descrittiva e interpretativa, non empirico-sperimentale, compromettendo la capacità di produrre risultati nuovi e oggettivamente inattaccabili in tribunale.