Siamo un paese singolare. Nelle scorse settimane ci siamo distinti per essere scesi in piazza a migliaia per chiedere il cessate il fuoco a Gaza, per sostenere la missione della Flotilla, che da umanitaria nel corso della navigazione è diventata politica (o forse lo è sempre stata), per chiedere il rilascio degli ostaggi israeliani, anzi no quelli non si potevano neanche nominare, e denunciare la tragedia del popolo palestinese
Ma ora che l'accordo per il cessate il fuoco è vicino, che Israele si sta ritirando dalla Striscia e che i profughi palestinesi stanno rientrando a Gaza City, in Italia si continua a protestare. Perchè?
Perchè l'accordo di pace di Trump non ci piace e poco importa che i palestinesi lo abbiano accolto in maniera positiva. A noi non piace e allora continuiamo a manifestare.
Ma a chi non piace? Non piace ad alcune frange dei movimenti pro-pal in Italia che dal caldo e dalla sicurezza delle loro case italiane pretendono di decidere quale sia la pace accettabile per i palestinesi.
Non piace a una parte della sinistra che adesso dovrà trovarsi una nuova causa da adottare per attaccare il governo.
Questo fine settimana, quindi, sarà ancora un fine settimana di passione nelle principali città italiane. Cortei, manifestazioni e occupazioni sono stati annunciati in tutta Italia.
Non importa che le bombe abbiano smesso di cadere o che i camion con gli aiuti umanitari abbiano ricominciato a entrare nella Striscia, in Italia alcuni movimenti pro-pal scendono comunque in piazza per dire "Stop agli accordi con l'entità sionista". Accordi che al momento hanno fermato le bombe.
È quanto si legge sul volantino del corteo organizzato per oggi - sabato 11 ottobre 2025 - a Milano. Sempre oggi si manifesta anche a Bologna, dove la Global Sumud Flotilla, insieme alla comunità islamica, chiede una pace giusta per Gaza.
Pd e Cgil hanno aderito alla manifestazione. A Torino il coordinamento Torino per Gaza ha convocato la manifestazione "Tutt* liber* Palestina Libera".
È passata una settimana dallo sciopero generale della CGIL e dei Cobas contro il blocco della Flotilla e dalla manifestazione di Roma di domenica. Nel frattempo lo scenario in Medio Oriente è cambiato e sono iniziati i negoziati di pace, ma per qualcuno sono solo dettagli.
Questo non significa che tutte le proteste siano pretestuose: molti manifestanti agiscono in buona fede, spinti da un autentico desiderio di pace e giustizia.
E allora la domanda sorge spontanea: cosa propongono le organizzazioni pro Palestina italiane e una certa parte della sinistra che continua a strizzare l'occhio a posizioni estreme?
No, perché forse è sfuggito che l'alternativa era quella di continuare la guerra fino a che il 'lavoro' non fosse stato concluso.
Il punto è proprio questo: sembra che in alcuni ambienti si protesti non per ciò che accade davvero, ma per ciò che simbolicamente rappresenta.
Davanti a un primo passo verso la pace si continua a dire "non basta", che è una "pace sbagliata". Ma chi decide se una pace è giusta o sbagliata se non chi ha vissuto la guerra sulla propria pelle?
Il piano per la pace di Donald Trump non è il migliore possibile, ma è un punto di inizio e l'unica speranza a cui il popolo palestinese può aggrapparsi in questo momento.
Chiunque abbia a cuore il bene e la sopravvivenza di bambini, donne e uomini in Palestina ha gioito insieme a loro quando è arrivata la notizia dell'accordo con Hamas.
Per chi non è riuscito a farlo, forse è arrivato il momento di trovarsi un'altra causa da strumentalizzare o un altro pretesto per scatenare la guerriglia urbana nelle piazze.