La prima bozza della Legge di Bilancio 2026 delude le aspettative di molti lavoratori. Nonostante le dichiarazioni delle scorse settimane, nella manovra non compaiono interventi diretti sul potere d'acquisto legati alla fine dell'anno, come la detassazione della tredicesima.
Le risorse limitate e la scelta del governo di non introdurre nuove imposte sui grandi patrimoni o sugli extraprofitti, salvo un prelievo mirato su banche e assicurazioni, hanno fortemente ridotto il margine di manovra.
Vediamo di più.
Tra le misure effettivamente presenti nel testo della Manovra 2026 approvata dal CdM c'è il taglio della seconda aliquota Irpef, che passa dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro.
Si tratta di un intervento che dovrebbe garantire un beneficio economico distribuito durante l’anno, con vantaggi in busta paga che variano in base al reddito.
È prevista anche una tassazione agevolata al 10% sugli aumenti salariali ottenuti tramite il rinnovo dei contratti collettivi nel settore privato.
Questa misura, che potrebbe partire dal 1° gennaio 2026, punta a incentivare la contrattazione e riguarda una platea di circa 14,6 milioni di lavoratori.
Altri interventi riguardano agevolazioni fiscali per chi lavora nei giorni festivi o in orario notturno.
Non trovano invece spazio in manovra alcune proposte che erano state al centro del dibattito politico nelle scorse settimane.
Tra queste, l’ipotesi di una detassazione parziale o totale della tredicesima mensilità, oppure l'applicazione di un’aliquota Irpef ridotta al 10% su quella somma.
Questi interventi avrebbero comportato un costo stimato di circa 15 miliardi di euro per le casse dello Stato, una cifra troppo elevata considerando che l'intera Legge di Bilancio ha una copertura complessiva di 18 miliardi.
La decisione di non intervenire sulla tredicesima è legata principalmente a ragioni di bilancio. Le risorse disponibili sono state concentrate su settori considerati prioritari, come la sanità, il sostegno alle famiglie e la proroga del taglio del cuneo fiscale.
La linea seguita dall’esecutivo è stata quella della prudenza: nessuna nuova tassa sui grandi patrimoni o sui redditi più alti, nessun intervento straordinario sul fronte fiscale.
Anche nel 2025, in assenza di novità, la tredicesima continuerà a essere tassata integralmente.
Rimarranno in vigore le attuali aliquote Irpef.
Inoltre, sulla mensilità aggiuntiva non si applicano le detrazioni per lavoro dipendente o per carichi familiari, rendendo l’importo netto inferiore rispetto a una mensilità ordinaria.
Il mancato intervento sulla tredicesima comporta per molti lavoratori una perdita netta rispetto a quanto si sarebbe potuto ottenere con una tassazione ridotta.
Un lavoratore con uno stipendio netto mensile di 1.700 euro riceverà una tredicesima di circa 1.400 euro, senza alcuna differenza rispetto all’anno precedente.
Al posto di un intervento diretto sulla mensilità di dicembre, la Legge di Bilancio 2026 punta su misure che producono effetti nel corso dell’anno. Il taglio dell’Irpef per i redditi medi consentirà un risparmio fiscale che potrà variare da poche decine a qualche centinaio di euro lordi all’anno.
Inoltre, la tassazione agevolata prevista per i rinnovi contrattuali dovrebbe incentivare l’aumento delle retribuzioni nel settore privato.
Secondo le simulazioni, un aumento salariale medio di 800 euro lordi annui comporterebbe un vantaggio netto di circa 120 euro all’anno rispetto alla tassazione ordinaria, passando da 600 euro a 720 euro netti.
La Legge di Bilancio 2026 si presenta come una manovra prudente, con pochi margini di spesa e nessun intervento di impatto immediato sui redditi da lavoro.
Il governo ha scelto di puntare su misure strutturali e graduali, escludendo interventi costosi come la detassazione della tredicesima e mantenendo l’equilibrio dei conti pubblici come priorità.