Il Documento Programmatico di Bilancio 2026, anticipa un profondo riassetto anche per il settore degli affitti brevi. L’obiettivo dichiarato è riequilibrare il sistema fiscale, passando da un approccio più permissivo a uno più regolamentato.
Dopo anni di crescita esponenziale, il real estate turistico italiano, trainato da piattaforme come Airbnb e Booking, cambia forma.
Ma cosa cambia davvero, per chi e per quale motivo il Governo ha scelto un approccio più deciso su un comparto che vale oltre 10 miliardi di euro l’anno?
Le disposizioni citate fanno parte della bozza della Legge di Bilancio 2026, che potrebbe subire variazioni durante l’iter parlamentare.
La Legge n. 50/2017 disciplina le locazioni brevi, introducendo regole precise sui contratti di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa.
Sul piano fiscale, l’articolo 3 del D.lgs. 23/2011 ha istituito la cedolare secca come imposta sostitutiva dell’IRPEF, semplificando la tassazione dei redditi da locazione.
Fino al 2025 si applicava un regime fiscale alleggerito, con un’aliquota ridotta al 21%, valida per un massimo di quattro immobili per contribuente, se non gestiti in forma imprenditoriale.
Con la Legge di Bilancio 2026, come riportato da Il Sole 24 Ore e ANSA, arrivano nuove regole. La cedolare secca al 21% resterà valida solo se per l’unità immobiliare non siano stati conclusi contratti tramite intermediari o portali telematici nel corso dell’anno d’imposta.
Diversamente, per chi si avvale di piattaforme digitali, l’aliquota salirà al 26%, riducendo - secondo le prime stime - la redditività media degli affitti brevi tra il 5% e il 7% netto.
Secondo il Ministero dell’Economia, le ragioni della revisione del quadro fiscale sono due:
riequilibrare un mercato degli affitti residenziali divenuto sproporzionato rispetto alla domanda;
introdurre una tassazione più proporzionata per contrastare l’evasione legata ai redditi turistici non dichiarati.
La nuova regolamentazione, se confermata, avrà un impatto su oltre il 70% delle locazioni brevi, cioè quelle gestite attraverso piattaforme digitali. Tale percentuale è una stima di mercato e non un dato ufficiale.
Sebbene alcuni abbiano interpretato la misura come un tentativo di “fare cassa” sul turismo, la questione è più complessa. Il Governo ha motivato l’intervento con la necessità di liberare alloggi destinati all’affitto a lungo termine, in un periodo in cui le famiglie sono messe sotto pressione dalla carenza di abitazioni e dai canoni in costante aumento.
La stretta sugli affitti brevi si inserisce in un piano più ampio di politiche abitative volte a contrastare l’emergenza e riequilibrare il mercato immobiliare urbano. Nelle grandi città - da Milano a Firenze, da Roma a Napoli - la diffusione delle locazioni turistiche ha inciso profondamente sulla disponibilità di case per residenti e studenti, riducendola drasticamente.
Questo andamento ha contribuito all’aumento dei canoni di locazione a lungo termine, spingendo molte amministrazioni locali a chiedere regole più rigide.
Nel complesso, analizzando la normativa ancora in attesa dell’approvazione definitiva, emerge un chiaro malcontento tra gli operatori del settore. Molti la considerano un provvedimento “punitivo” verso chi gestisce regolarmente l’attività.
L’Associazione Nazionale B&B e Affittacamere (ANBBA) ha lanciato l’allarme: migliaia di micro-host rischiano di essere penalizzati dalle nuove regole, mentre le grandi piattaforme potranno più facilmente assorbire l’aumento fiscale.
Le principali novità introdotte dal provvedimento sono tre:
aliquota differenziata: 21% per le locazioni dirette; 26% per quelle veicolate tramite portali digitali.
limite dei quattro immobili: superata questa soglia, l’attività viene considerata imprenditoriale, con obbligo di apertura di partita IVA e relativi adempimenti contabili;
Codice Identificativo Nazionale (CIN): obbligatorio dal 2025 per tutti gli immobili destinati a locazioni brevi, come previsto dal D.L. 145/2023, per garantire tracciabilità e sicurezza.
Parallelamente, i Comuni potranno intensificare i controlli, incrociando i dati provenienti dalle piattaforme con le comunicazioni fiscali.
Gli intermediari online resteranno sostituti d’imposta e saranno con ogni probabilità responsabili del versamento della nuova ritenuta del 26% per conto dei locatori che utilizzano i loro servizi.
Quando si parla di affitto breve?
Quando la durata del contratto non supera i 30 giorni consecutivi.
Qual è la nuova tassazione per gli affitti brevi nel 2026?
Il 21% per affitti diretti (senza intermediari) e il 26% per locazioni tramite portali online.
Serve la partita IVA?
Sì, se si gestiscono più di quattro immobili o se l’attività è organizzata in modo imprenditoriale.
Il Governo vuole limitare Airbnb?
Non direttamente, ma la norma colpisce soprattutto gli affitti gestiti tramite piattaforme digitali, dove si concentra la maggior parte delle transazioni.