Mentre il mondo intero scopre e si indigna per l’immane tragedia in Sudan, in Italia la scena politica resta muta.
Il centrosinistra tace e le piazze si animano esclusivamente per Gaza, nonostante il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi israeliani.
Del Sudan, invece, nessuno parla. Nessuno interviene contro i massacri di donne, bambini, anziani, civili innocenti. Le pozze di sangue umano visibili dai satelliti vengono ignorate e non scandalizzano.
Se la sinistra tace, il governo si limita a uno scarno comunicato ufficiale diffuso dalla Farnesina lo scorso 26 ottobre, giorno della caduta della città di El-Fasher, capitale del Darfur, ad opera delle milizie della RSF, i paramilitari a supporto del leader ribelle Hemedti.
In Italia si continua a protestare incessantemente per Gaza, con manifestazioni che, dal 10 ottobre 2025 – data del cessate il fuoco tra Israele e Hamas – criticano aspramente il piano di pace di Trump, definito "ingiusto" verso i palestinesi.
Le associazioni pro-Palestina, supportate da vari esponenti del centrosinistra, hanno continuato a scendere in piazza a Torino, Milano e altre città. Tuttavia, proprio quando la crisi palestinese si avvia verso un potenziale equilibrio, non si leva una parola per la tragedia che si consuma in Sudan.
Nessuno scende in piazza per dire no al massacro in corso nel Darfur. In Italia la mobilitazione rimane inspiegabilmente focalizzata esclusivamente su Gaza, ignorando completamente l’emergenza umanitaria sudanese.
La politica italiana sembra non essersi ancora accorta del fatto che in Sudan è in corso una delle più gravi tragedie umanitarie del momento.
Le dichiarazioni ufficiali di denuncia da parte di esponenti del centrosinistra si contano sulle dita di una mano. L’unica voce significativa è quella di Giorgio Marasà di Sinistra Italiana, che denuncia il silenzio dell’Italia e dell’Europa di fronte a una vera e propria catastrofe umanitaria, ma è un coro isolato.
Né il Partito Democratico, né il Movimento 5 Stelle, né il centrodestra hanno prodotto dichiarazioni altrettanto incisive.
Il governo, dal canto suo, si è limitato a un comunicato ufficiale del Ministero degli Esteri datato 26 ottobre, dopo la caduta di El-Fasher, capitale del Darfur, finita nelle mani delle milizie paramilitari note come RSF.
Il comunicato esprime "preoccupazione" e invita a cessare le ostilità.
La guerra in Sudan è scoppiata il 15 aprile 2023 a seguito di contrasti tra le due principali fazioni armate, le Forze Armate Sudanesi (SAF) del generale Abdel Fattah al-Burhan e le milizie paramilitari delle Rapid Support Forces (RSF) guidate da Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti.
Questa inimicizia è cresciuta in un Paese già fragile per le incertezze politiche post-colpi di Stato nel 2019 e 2021.
Il conflitto si è diffuso rapidamente, soprattutto a Khartoum, Darfur, Kordofan e Nilo Azzurro, portando enormi sofferenze civili.
Attualmente, dopo oltre due anni e mezzo di guerra sanguinaria, si contano più di 150.000 morti e almeno 13 milioni di sfollati.
Le violenze comprendono esecuzioni di massa, stupri, eliminazioni mirate di minoranze religiose e civili.
UNICEF is gravely concerned by the images and reports coming from Al Fasher, in the Darfur region of Sudan.
— UNICEF (@UNICEF) October 29, 2025
The escalating violence has left thousands of children, already besieged for more than 500 days, further trapped amid relentless shelling, heavy fighting, and severe… pic.twitter.com/1HGP1h6rFf
Il collasso infrastrutturale e l’emergenza alimentare completano il quadro di una tragedia umanitaria di proporzioni immense, ignorata dalla comunità internazionale.
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