17 Nov, 2025 - 15:25

Povertà lavorativa e diseguaglianze: perché il salario minimo non può più aspettare? L’analisi dell’esperto Gogliettino

Povertà lavorativa e diseguaglianze: perché il salario minimo non può più aspettare? L’analisi dell’esperto Gogliettino

Un intervento risolutivo sul salario minimo in Italia è una questione ormai “improcrastinabile”, poiché attiene alla dignità stessa del lavoro.

Gian Piero Gogliettino, economista del lavoro e cultore in diritto del lavoro Università Ca'Foscari, interviene in esclusiva su Tag24.it su uno dei temi più controversi del lavoro in Italia: il salario minino.

Una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea ha ribadito la validità delle indicazioni contenute nella direttiva europea sul minimo salariale riportando al centro del dibattito la necessità per gli Stati UE di dotarsi di una norma che regolamenti questo aspetto che per Gogliettino sarebbe più corretto definire “giusta retribuzione”.

Al momento, su 27 Paesi, solo cinque non hanno ancora attuato compiutamente la direttiva UE, e tra questi c’è anche l’Italia, dove è stata approvata una legge delega, ma non i decreti attuativi.

Con il dottore Gogliettino facciamo chiarezza sulla materia.

Salario minimo, Gogliettino: “Intervento ormai improcrastinabile per tutelare la dignità del lavoro”

D: Dottor Gogliettino, qual è la situazione oggi in Italia rispetto al salario minimo e perché è necessario?

R: Intervenire sul salario minimo è ormai una misura improcrastinabile, perché è una questione che attiene non solo alla dignità del lavoratore, ma serve anche a contrastare fenomeni deplorevoli quali lo sfruttamento del lavoro e dumping salariale.

Uno stato moderno, civile, liberale e riformista è tenuto a intervenire ed è quello che è successo con la recente approvazione in Parlamento alla legge delega. 

Noi ci troviamo oggi un sistema in cui c’è un problema rappresentato dalla condizione di povertà rispetto al lavoro: oggi chi lavora si trova in una condizione di povertà. Potrebbe sembrare una contraddizione ma non lo è.

Un lavoro possiamo considerarlo dignitoso se permette al lavoratore e alla sua famiglia di vivere una vita libera e dignitosa. Lo dice la nostra Costituzione. Oggi purtroppo in ragione di un lavoro povero ci troviamo di fronte a situazioni di diseguaglianza, di denatalità, per cui è necessario intervenire. 

E’ stato pubblicato recentemente un dato Istat che evidenzia una discordanza tra il salario nominale, cioè quello che il lavoratore percepisce, rispetto al salario reale, cioè il potere d’acquisto. I dati Istat ci dicono che questo valore è inferiore a circa il 9% rispetto al gennaio 2021, quindi il potere d’acquisto nonostante siano aumentati i salari nominali, è diminuito il potere d’acquisto.

Esiste davvero un salario minimo in Italia? Cosa prevede la legge delega

D: E’ stata approvata la legge delega, ma per sgomberare il campo da nubi: fattivamente oggi c’è un salario minimo in Italia?

R: Facciamo un passo indietro. Noi veniamo da una situazione in cui esistevano due differenti posizioni. Il centrosinistra puntava a un salario minimo legale: il legislatore fissa con una norma una soglia minima, i famosi nove euro, al di sotto della quale soglia la contrattazione collettiva non sarebbe potuta scendere. 

Poi c’era la posizione del centrodestra, che io condivido. In linea di principio dice che devono essere i sindacati, attraverso la contrattazione collettiva, a fissare il minimale retributivo.

Oggi è stata approvata dal Parlamento una legge delega che fissa dei principi a cui poi il governo dovrà attenersi per andare a regolamentare la materia.

Condivido l’impostazione nel senso di riaffermare l’autorità salariale delle parti sociali, ma ho qualche dubbio. Attenderemo i decreti attuativi, ma non credo che l’impostazione che verrà data riuscirà a risolvere il nodo vero sotteso alla questione salariale oggi, che è quella della certezza del diritto.

Il nodo della certezza del diritto: la criticità principale della legge delega

D: Perché?

R: Con questa legge, per quanto venga rinvigorita e ribadita la posizione delle parti sociali, il trattamento economico complessivo non ha valore assoluto.

Nel senso che nulla vieta alla magistratura - a prescindere dai soggetti sindacali - a fronte di un’azione del lavoratore, il giudice dica quel trattamento economico non è equo. Questo può creare disparità di trattamento e alterare la libera concorrenza. 

La situazione che si potrebbe creare qual è: è che un lavoratore che ha fatto ricorso avrà diritto a un trattamento diverso dai colleghi della stessa azienda, perché la sentenza vale per il singolo lavoratore. È un paradosso che si viene a creare.

Un salario che viene fissato dai sindacati non risolve il problema della certezza del diritto. Questa è la critica che maggiormente mi preoccupa rispetto alla legge delega, pur ribadendo che condivido il principio di dare forza alle parti sociali rispetto a questo tema.

Produttività e salario minimo: il ruolo di innovazione e formazione

D: Un altro elemento determinante è quello della produttività, perché?

R: La produttività è la capacità dell’impresa di produrre beni e servizi in ragione dei fattori della produzione. Per aumentare l’efficacia della produttività è necessario intervenire sostenendo gli investimenti delle aziende in tecnologia, ricerca e innovazione.

A parità di ore di manodopera bisogna aumentare la produttività attraverso politiche attive di lavoro e di formazione. Semplificare l’accesso alla formazione aziendale favorisce la produttività.

LEGGI ANCHE
LASCIA UN COMMENTO

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.
I campi obbligatori sono contrassegnati con *

Sto inviando il commento...