La COP30 di Belem ha segnato un passo importante per la cooperazione climatica globale, con risultati significativi su finanziamenti, transizione giusta e inclusione delle popolazioni indigene, nonostante alcune delusioni su combustibili fossili e deforestazione. La conferenza prepara il terreno per la COP31, dove le sfide e le strategie continueranno a essere discusse.
La COP30, tenutasi a Belem, si è conclusa con un accordo finale, anche se non ha soddisfatto tutte le aspettative. Pur essendo stato necessario un giorno in più, le parti hanno trovato un’intesa. Alla Conferenza hanno partecipato 195 nazioni, dimostrando un’importante cooperazione internazionale.
Gli Stati hanno concordato di triplicare i finanziamenti per l’adattamento, ossia fondi forniti dalle nazioni più prosperose verso i paesi più vulnerabili. Tuttavia, l’obiettivo di circa 120 miliardi di dollari all’anno dovrà ancora aspettare fino al 2035.
Uno dei principali battute d’arresto riguarda i combustibili fossili e la deforestazione. Molti gruppi ambientalisti, ONG e delegati avevano grandi aspettative dalla conferenza di Belem, definita la “porta d'accesso all'Amazzonia”. Nella decisione finale, i combustibili fossili non sono stati menzionati, nonostante oltre 90 paesi avessero chiesto una tabella di marcia per eliminarli gradualmente a livello globale. Si tratta di una vittoria per gli stati petroliferi e i loro alleati, che hanno mirato a mantenere questo punto fuori dall’accordo finale.
Non è del tutto perso: di fronte alla delusione, il presidente della COP30, Andrea Correa do Lago, ha dichiarato che avrebbe usato la sua autorità per creare personalmente una tabella di marcia, annunciata durante la plenaria di chiusura. Tuttavia, si tratta di una roadmap non vincolante, data l’assenza di un accordo approvato e del sostegno di tutti i paesi.
Anche per quanto riguarda la deforestazione, manca una tabella di marcia nell’accordo finale, suscitando ulteriori delusioni in una conferenza tenuta proprio in Amazzonia. Oltre 90 paesi hanno comunque sostenuto entrambe le iniziative.
Nonostante il contesto geopolitico particolarmente difficile, la COP30 ha prodotto risultati significativi per la solidarietà e la cooperazione internazionale. L’evento ha dato voce alle popolazioni indigene come mai accaduto prima.
Un risultato particolarmente positivo è stato l’accordo su un Meccanismo per una Transizione Giusta, un piano concordato da tutti i paesi partecipanti per garantire che il passaggio ad un’economia verde globale avvenga in modo equo, proteggendo i diritti di tutti, in particolare donne, popolazioni indigene e lavoratori. Non è stato però possibile vincolare i fondi a questo impegno.
Per colmare il divario tra gli obiettivi attuali e quelli necessari per limitare il riscaldamento globale, è stato stabilito un programma di “accelerazione”, che sarà presentato alla COP del prossimo anno.
La COP31 del 2026 si terrà a Antalya, in Turchia, mentre i negoziati saranno guidati dall’Australia. Questa insolita suddivisione dei ruoli nasce da un accordo volto a risolvere lo stallo tra Turchia e Australia su chi dovesse ospitare la conferenza, consentendo così di garantire la continuità dei lavori e la partecipazione di tutti i paesi coinvolti.
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