Codice appalti pubblici: cos'è e cosa disciplina il decreto legislativo numero 50 del 2016 che regola i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aventi a oggetto l'acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione come prevede l'articolo 1 del provvedimento. Il Codice degli appalti è suddiviso in sei parti: la prima riguarda l'ambito di applicazione, i principi, le disposizioni comuni e le esclusioni dal codice; la seconda parte disciplina i contratti di appalto per i lavori, i servizi e le forniture; la terza parte ammette nel proprio ambito i contratti di concessione; la quarta parte disciplina il partenariato pubblico e privato e il contraente in generale; la parte quinta elenca le disposizioni sulle infrastrutture e gli insediamenti prioritari; l'ultima parte concerne le disposizioni finale e transitorie. Ogni parte del Codice è suddivisa in titoli e, a loro volta, in articoli.
Il Codice degli appalti pubblici del 2016 fissa alcuni punti fermi che, sotto determinati aspetti, risultano nuovi rispetto alla precedente disciplina risalente al decreto legislativo numero 163 del 2006 e al regolamento attuativo del Decreto del Presidente della Repubblica numero 207 del 2010. Ad esempio, la qualificazione e la professionalizzazione delle stazioni appaltanti, nonché le loro aggregazioni e l'organizzazione delle centrali di committenza sono elementi essenziali di come avrebbe dovuto essere tracciato il nuovo Codice degli appalti del 2016. Novità del Codice riguardano anche il mercato elettronico e il potenziamento dello strumento del partenariato pubblico-privato, due istituti che rappresentano le sfide che le amministrazioni pubbliche devono cogliere nelle procedure di affidamento di opere, lavori, forniture e servizi.
Uno degli articoli sul quale il nuovo Codice degli appalti pubblici non ha proposto una sintesi è il numero 3, quello delle definizioni, in modo particolare in merito all'individuazione dei soggetti aggregatori, alle centrali di committenza e alle stazioni appaltanti (articoli 37 e 38). In particolare, l'articolo non chiarisce esattamente chi rientri tra i soggetti che possano costituire le centrali di committenza e quali sono le stazioni appaltanti. La disciplina, in questo ambito, non ha risolto la problematica dell'esclusione dagli appalti pubblici degli oltre 6mila comuni italiani più piccoli e non capoluogo di provincia che, negli anni successivi al 2016, non avrebbero potuto mettere a bando lavori e servizi se non in unioni e aggregazione degli stessi. La questione della qualificazione, aggregazione e professionalizzazione dei comuni è ad oggi aperta e si attende una disciplina definitiva nell'ambito delle riforme adottate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Altro ambito importante del Codice degli appalti pubblici è quello delineato dall'articolo 36 dei contratti sotto soglia comunitaria con l'esclusione delle offerte anomale.
Il Codice degli appalti pubblici, dopo l'emanazione del decreto legislativo numero 50 del 2016, è stato sottoposto a revisioni e novità nel susseguirsi degli anni. In particolare, il decreto legislativo numero 56 del 19 aprile 2017; il decreto legge numero 135 del 14 dicembre 2019 per la semplificazione e il sostegno alle imprese e alla Pubblica amministrazione; il disegno di legge delega con il quale il Governo è stato autorizzato ad adottare il nuovo Codice dei contratti pubblici in sostituzione di quello attualmente in vigore; il decreto legge numero 32 del 18 aprile 2019 (cosiddetto "Sblocca cantieri"); il decreto legge numero 126 del 29 ottobre 2019; il decreto legge numero 124 del 26 ottobre 2019 (cosiddetto "decreto fiscale"); la legge di Bilancio 2020 (legge numero 160/2020), il decreto Milleproroghe (decreto legge del 30 dicembre 2019) e il decreto "Cura Italia" (decreto legge numero 18 del 17 marzo 2020); il decreto legge numero 76 del 16 luglio 2020 (cosiddetto "decreto Semplificazioni").