La Carta d'identità nazionale (Cin) del Brasile non indicherà più il sesso dei cittadini, ma solo il nome da essi dichiarato. Il decreto, proposte dal Ministero dei Diritti Umani e della Cittadinanza, entrerà con ogni probabilità a giugno.
"L'effetto Lola" cambia la carta d'identità del Brasile: cade la distinzione tra denominazione sociale e denominazione anagrafica, e sarà riportato esclusivamente il nome scelto dal cittadino durante l'emissione del documento; inoltre, scompare il campo "sesso". La ragione? Creare un documento che sia più inclusivo verso le minoranze LBGTQA.
Specialmente i cittadini transessuali, infatti, vivono in modo critico e doloroso il fatto che i documenti presentino il loro deadname (nome di battesimo) e non il nome che hanno scelto, e rispecchia la loro autentica identità sessuale. Secondo alcune anticipazioni, il nuovo documento eliminerà anche il genere nei sostantivi, presentando invece l'asterisco (*).
Le modifiche sono state richieste da Silvio Luiz de Almeida, dal Ministero dei Diritti Umani e della Cittadinanza, che ha già annunciato lo scopo della riforma su Twitter. Attività che si inseriscono nei programmi del governo progressista di Luiz Inácio Lula da Silva, più attento ai diritti civili e sociali.
In Brasile, il fenomeno LBGT appare in piena esplosione. I matrimoni tra persone dello stesso sesso sono quadruplicati negli ultimi dieci anni, passando dai poco più di 3000 del 2013 ai 12.897 del 2022. La legislazione, dunque, vuole venire incontro ai bisogni di una categoria sociale sempre più presente e desiderosa di riconoscimento giuridico.
Il Brasile non è certamente il primo paese ad adottare un sistema di questo tipo: Argentina, Australia, Belgio, Canada, India, Nepal hanno già proposto documenti in cui appare il sesso "X", opzione pensata per gli individui "non-binari" che non si identificano specificamente nella dicotomia maschile-femminile. L'Olanda, invece, si appresta a eliminare del tutto la distinzione nei documenti legali.