Dipendenza da videogiochi e social, sono 700mila i giovani ad essere considerati "assuefatti". Il rischio principale di questo utilizzo spropositato è la perdita del senso della realtà.
Social e videogiochi sono capaci di dare un rifugio dalla realtà come fossero droghe. Le vittime principali di questa dipendenza sono almeno 100mila adolescenti italiani che hanno fra gli 11 e i 17 anni e usano in maniera incontrollata social, piattaforme di streaming e videogiochi. Una delle cose più allarmanti è che una parte arriva addirittura a chiudersi in un mondo fittizio sfuggendo alla realtà.
Non si tratta solo di soli 100mila ragazzi. A questi si aggiungono altri 500mila, nella maggior parte dei casi maschi, a rischio di sviluppare forme di dipendenza da videogiochi. A dare "man forte" allo sviluppo di queste tendenze è stata anche la pandemia che nel primo anno ha portato a passare sempre maggiore tempo di fronte a telefoni, computer e console. I numeri preoccupanti emergono da un recente studio italiano promosso dal dipartimento Politiche Antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri e dal Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di Sanità, condotto dall’Irccs Stella Maris e la Ausl di Bologna.
Sono stati raccolti pareri su quasi 9mila ragazzi che hanno fra gli 11 e i 17 anni:
Molti ragazzi sono più spesso vittime di ansia e depressione e il mancato inserimento all'interno del tessuto sociale e tra i coetanei non aiuta. A questo si deve addizionare il difficile periodo storico iniziato con gli anni '20 del XXI secolo connotato da un pandemia, lo scoppio di una guerra alle porte dell'Europa, l'acutizzarsi delle crisi ambientali ed economiche. Questo dice Claudio Mencacci, co-presidente Sinpf (Società di Neuropsicofarmacologia) e direttore emerito di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano.
Matteo Balestrieri, co-presidente Sinfp e professore di psichiatria all’Università di Udine invece commenta:
Stefano Berloffa dell’Uoc di Psichiatria e Psicofarmacologia dell’Età Evolutiva, Irccs Fondazione Stella Maris di Pisa, nonché coautore dello studio ha inquadrato invece il tipo di indipendenza: