Una eruzione dei Campi Flegrei è davvero possibile? A questa domanda hanno provato a rispondere alcuni ricercatori, che hanno analizzato i cambiamenti della crosta della caldera nel golfo di Pozzuoli. Secondo i risultati della ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, la crosta della caldera risulterebbe indebolita. Secondo l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), tra i promotori dello studio, al momento i risultati "non hanno alcuna implicazione diretta su misure che riguardano la sicurezza della popolazione".
Secondo gli studiosi, nel corso dei decenni la crosta della caldera flegrea sta progressivamente passando da una fase "elastica" a una "inelastica". Sulla questione è intervenuto l'autore principale della ricerca, il professor Christopher Kilburn, docente di Vulcanologia presso l'University College London (UCL).
In via ipotetica, l'indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei potrebbe provocare la fuoriuscita di fluidi a circa 3 chilometri di profondità. Tali sostanze potrebbero essere composte da magma e da gas di natura vulcanica. Al momento gli esperti sottolineano come non sia possibile escludere completamente un eventuale contributo magmatico. L'eventuale eruzione potrebbe essere preceduta da lievi segnali, come un ridotto sollevamento del suolo e meno terremoti nell'area flegrea.
A spiegare lo studio è intervenuto anche Stefano Carlino dell'INGV.
Stefania Danesi, della Sezione di Bologna dell'Istituto, sottolinea come lo studio dimostri che gli episodi di sollevamento ai Campi Flegrei dal 1950 a oggi "devono essere considerati come fasi di un unico processo di lungo termine in cui la recente transizione da regime 'elastico' a 'inelastico' segna un passaggio rilevante".
Torniamo alla questione iniziale: c'è da preoccuparsi? Gli autori della ricerca sottolineano la necessità di analisi "sempre più quantitative delle relazioni tra i segnali registrati in superficie dalle reti di monitoraggio e i processi che li determinano, indispensabili per fornire valutazioni più attendibili per la pericolosità vulcanica".
Gli scenari possibili sono diversi, e gli esiti altrettanto: lo conferma Nicola Alessandro Pino, dell'Osservatorio Vesuviano dell'INGV.