Un'inchiesta del New York Times punta il dito contro la Russia di Vladimir Putin per la distruzione della diga di Kakhovka dello scorso 6 giugno. Con la consulenza di vari esperti, il quotidiano statunitense spiega che a causarne la distruzione sarebbero stati esplosivi piazzati proprio dai russi.
Il New York Times non ha dubbi: è stata la Russia di Vladimir Putin a distruggere la diga di Kakhovka lo scorso 6 giugno.
Secondo l'inchiesta del quotidiano statunitense, intitolata non a caso "An inside job" (letteralmente: "Un lavoro fatto dall'interno"), sarebbero stati proprio i russi, che controllano la zona, ad aver piazzato degli esplosivi in alcune parti dell'impianto, per provocarne la distruzione.
La Russia, intanto, continua a negare il proprio coinvolgimento nella vicenda.
Gli ingegneri interpellati dal New York Times si dicono sicuri di due cose fondamentali:
A questo proposito, James Glanz, uno dei reporter responsabili dell'inchiesta, sottolinea su Twitter che le ricerche effettuate mostrano come la diga avesse un punto debole e che solo la Russia, responsabile della sua costruzione, potesse esserne a conoscenza.
Deep inside the dam was an Achilles’ heel. And because the dam was built during Soviet times, Moscow had every page of the engineering drawings and knew where it was. @jamesglanz @MarcSantoraNYT @LaurenLeatherby and the visual investigations team. https://t.co/FiBCsrBQLQ
— James Glanz (@jamesglanz) June 18, 2023
Gli ingegneri hanno, comunque, precisato che solo un'analisi sul posto potrebbe determinare con chiarezza le cause e la catena di eventi che ha portato alla distruzione della diga.
Quel che è certo, è che i danni causati dall'esplosione della diga hanno conseguenze drammatiche per la popolazione del territorio circostante, per la quale il presidente ucraino Volodymyr Zelenski ha già promesso di impegnarsi nello stanziamento di fondi per il supporto ai cittadini colpiti.
Inoltre, si deve considerare anche il pericolo rappresentato per la centrale nucleare di Zaporizhzhia. L'acqua della diga alimentava, infatti, il bacino di raffreddamento dell’uranio e, nonostante le rassicurazioni da parte russa, non è del tutto chiaro che la distruzione dell'impianto non abbia arrecato problemi alla centrale.