Nuovo aumento dell'Iva sugli assorbenti dopo le decisioni prese dal Governo sulla Tampon tax, la tassa sui prodotti per l'igiene femminile, la quale torna al 10% rispetto a quel 5% stabilito l'anno scorso.
Il raddoppio dell'aliquota sui prodotti come assorbenti, tamponi e coppette mestruali - ma anche sul latte in polvere e sui prodotti per l'alimentazione dei bambini - si inserisce in quella serie di mini tasse che il Governo si appresta a varare nella nuova legge di bilancio.
La decisione di non confermare il taglio dell'Iva su questi particolari prodotti è stata indicata dalla stessa premier Meloni come una conseguenza dell'impatto dell'inflazione il quale ha reso, durante l'anno scorso, sostanzialmente nullo l'effetto della misura sui costi finali per i consumatori.
La scelta, come prevedibile, è oggi duramente criticata dalle associazioni come Onde Rosa che lottano per i diritti delle donne chiedendo alla prima premier donna del Paese di non arretrare su questi temi fondamentali per la parità di genere.
Il nuovo aumento dell'Iva sugli assorbenti colpisce, peraltro, perché la prima vittoria sul tema era stata ottenuta neanche due anni fa, con la decisione del governo Draghi di abbassare la tampon tax al 10%. Fino a quel momento, infatti, l'Iva sui prodotti per l'igiene intima femminile era al 22%, pari a quella imposta sui beni di lusso, nonostante l'uso di questi prodotti sia per le donne tutto meno che uno sfarzo.
L'ultimo passo in avanti - prima di questa retromarcia - era stato compiuto proprio dal governo Meloni che aveva dimezzato la tassa portandola al 5%. Questa scelta, largamente condivisa e apprezzata l'anno scorso, non sarà però oggi riconfermata: la manovra di bilancio 2024, infatti, riporterà la tassa al 10%.
Se il tema riceve oggi l'attenzione che merita, comunque, è anche grazie a un gruppo di giovanissime donne che ha deciso, qualche anno fa, di lanciare una petizione (che presto ha raggiunto oltre i 683 mila sostenitori) contro l'assurdità di una simile tassazione.
Nato a Milano e formato da ragazze tra i 14 e i 30 anni, il gruppo Onde Rosa ha deciso di portare avanti una battaglia contro la diseguaglianza di genere a partire proprio dalla lotta a quelle piccole ingiustizie che possono sembrare marginali - come una tassa - ma che sono nei fatti sostanziali.
Della storia di questa battaglia e delle azioni da intraprendere affinché si riottenga quel traguardo raggiunto solo un anno fa la redazione di TAG24 ha parlato con Arianna Curti, membro del direttivo di Onde Rosa e vice presidente del Municipio 2 di Milano.
Arianna Curti, vi ha sorpreso questa marcia indietro del governo sulla Tampon tax?
«Sorpreso direi di no: i governi dovrebbero attuare delle politiche per le donne e non parlare di donne. Purtroppo poi non è sufficiente avere il premier donna - lo dico appositamente al maschile, come chiesto da Meloni - affinché siano messe in campo serie politiche per le donne.
Seppur non c'è stupore tuttavia c'è un forte rammarico e una sensazione di impotenza. Insieme a noi, infatti, altre 680mila persone avevano creduto in questa battaglia».
La premier Meloni ha giustificato la decisione sulla base del fatto che gli aumento di prezzo determinati dall'inflazione hanno sostanzialmente assorbito il taglio. Concorda?
«Per carità, la premier dice una cosa vera che avevamo rilevato anche noi nella nostra quotidianità: controllare che gli esercenti effettivamente abbassino i prezzi è difficile. Anche il Codacons ha rilevato questa situazione.
Chiaramente l'inflazione ha determinato un aumento dei prezzi che ha vanificato il taglio dell'Iva. Detto questo, tuttavia, il costo finale è comunque influenzato dall'aliquota applicata: se è al 4% o al 22% c'è una profonda differenza. Anche perché l'inflazione è al 5%, non al 22%, e non sappiamo su che livelli sarà il prossimo anno.
Chi ci perde, in questa scelta, sono le donne che sono costrette ad assorbire, come consumatrici, i rincari».
Crede sarebbe stato importante ricevere un segnale dalla presidente del Consiglio, al di là della semplice questione economica?
«Sarebbe stato essenziale: come si può pensare di fare delle politiche per le donne senza partire dalla propria esperienza?
Questo tema riguarda anche la presidente Meloni e la sua quotidianità. Se la premier viene meno anche su queste istanze così semplici e soprattutto tangibili è però difficile pensare ci si possa riconoscere in lei come rappresentante delle donne».
Con Onde Rosa avete già pensato a come rilanciare questa battaglia?
«Sì, ci siamo riunite e abbiamo provato a capire come ripartire da capo. Il nostro primo passo negli anni scorsi era stato cercare di far comprendere l'importanza culturale di questa battaglia. Da qui vogliamo ripartire, chiamando a raccolta tutte le 683 mila persone che avevano firmato la petizione contro la Tampon tax.
Credo che questa sia una lezione: il nostro è un Paese dove tutte le battaglie vinte dalle donne vengono progressivamente rimesse in discussione. Per questo ci appelliamo a chi aveva condiviso con noi questo percorso: è il momento di riaffermare questa nostra necessità. Un ennesimo passo indietro non è accettabile».
Arianna Curti, ripercorriamo insieme la storia di Onde Rosa e i vari step che hanno portato all'abbassamento della tampon tax in questi anni?
«Quando abbiamo lanciato la petizione contro la tassazione sugli assorbenti eravamo un gruppo di ragazze giovanissime che si confrontava su tematiche legate al mondo delle donne.
Proprio per questo ci siamo presto accorte di come la tampon tax fosse una delle prima fonti di diseguaglianza. Ci siamo chieste perché i rasoi fossero tassati come beni necessari e i prodotti per l'igiene durante il ciclo mestruale come di lusso.
Partendo da questo assunto abbiamo scoperto che sul tema c'era già un lavoro abbozzato di diversi partiti ma mai portato a termine perché "battaglia secondaria". Anche questo ci ha fatto molto arrabbiare: come può un tema che riguarda tutte le donne essere considerato secondario?
Peraltro non tutti lo sanno peraltro, ma il primo intervento sulla tampon tax risale al 2020, dunque a prima del governo Draghi. Per assurdo, però, si era deciso l'abbassamento dell'aliquota solo sui prodotti biodegradabili e compostabili. Anche questa ci è parsa un'ingiustizia: su un tema che riguarda l'igiene e la salute delle donne non possono essere altri a decidere quali prodotti vanno bene o meno.
Per questi motivi abbiamo deciso di lanciare una raccolta firme, ipotizzando di estenderla alle nostre compagne di classe o di università. Non avremo mai immaginato che firmassero quasi 700.000 persone.
Questa è stata la prova che il tema non è secondario e ha un significato profondo a livello ideologico. Per noi parliamo di una battaglia di civiltà: considerare un lusso qualcosa che è obbligatorio - e che accompagna le donne per tantissimi anni della loro vita - non è giusto.
In ogni caso, sia la tassa al 10% come con Draghi o al 5% come l'anno scorso, è bene ricordare che in alcuni Paesi l'aliquota su questi prodotti è zero. Si dovrà quindi fare ancora meglio».