Il MIT - Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - ha approvato il maxi piano di ristrutturazione da 166 milioni per le carceri italiane.
Lo stanziamento, deciso ieri dal Comitato interministeriale per l'edilizia carceraria mira a rispondere a quell'esigenza di sicurezza, anzitutto infrastrutturale, chiesta a gran voce da tutti i sindacati di Polizia penitenziaria e dalle associazioni che si battono per la tutela dei diritti dei detenuti.
I 166 milioni stanziati saranno utilizzati per la ristrutturazione e l'adeguamento di ben 20 istituti penitenziari italiani, oltre che per la costruzione del nuovo carcere di San Vito al Tagliamento in Friuli cui saranno destinati oltre 41 milioni di euro.
I 166 milioni stanziati MIT per il maxi piano di ristrutturazione delle carceri italiane dovranno cercare di risolvere alcune delle criticità che il sistema penitenziario italiano affronta da anni. Primo fra tutti, in particolare, il problema del sovraffollamento nelle carceri che oramai da decenni ha assunto carattere strutturale.
Ma non solo: le criticità che riguardano il sistema detentivo italiano sono infatti molte e riguardano tanto la sicurezza e il diritto a una pena non degradante per i detenuti quanto le condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria che con impegno cercano - anche in penuria di risorse - di assicurare la sicurezza dei reclusi e di tutti i cittadini.
Lo stanziamento deciso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti appare, in questo senso, un segnale rassicurante dell'impegno che il Governo sta dedicando a «un mondo lasciato per troppo tempo allo sbando», come spiega a TAG24 Giuseppe Moretti, presidente dell'Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria (USPP), in questa intervista esclusiva.
Presidente Moretti, come accoglie il maxi piano di ristrutturazione annunciato per le carceri italiane?
«Sicuramente si tratta di una notizia che valutiamo positivamente, soprattutto rispetto alla situazione compromessa - sia sotto il profilo strutturale che sotto quello della sicurezza - che caratterizza gli istituti penitenziari del Paese.
Il provvedimento adottato ieri dal MIT ci fa sperare si sia finalmente invertita la rotta rispetto alla disattenzione che ha caratterizzato la politica in passato.
Questo intervento potrà poi riflettersi positivamente sulla questione del sovraffollamento carcerario, dando un po' di respiro anche al personale di polizia penitenziaria, specialmente dal punto di vista della salubrità dei luoghi di lavoro.
Purtroppo, come è noto, molti istituti penitenziari italiani sono molto vecchi: pertanto è chiaro che le somme stanziate non potranno andare a modificare totalmente le strutture coinvolte. Tuttavia questo intervento, che speriamo sia solo iniziale, è assolutamente positivo.
Quello che ci auspichiamo è che in futuro non siano trascurate le risorse anche per la manutenzione ordinaria, spesso ostacolata dalla mancata proroga dei contratti di manutenzione la quale determina il mancato funzionamento di alcuni sistemi - pensiamo ad esempio a un banale cancello - per anni e anni.
Un altro aspetto assolutamente positivo è che i fondi stanziati ieri esulano da quelli già previsti dal PNRR.
Un tema meritevole di essere evidenziato, invece, è che una piccola parte dei fondi andrà anche sulla ristrutturazione delle caserme degli agenti. Ci sono istituti - come quello di Arghillà a Reggio Calabria - in cui gli mancano gli spazi per ospitare gli agenti in servizio di notte, che sono così costretti a pernottare in aree totalmente inadeguate».
L'USPP si auspica anche degli interventi per rafforzare numericamente il corpo di Polizia penitenziaria?
«Certamente occorre si metta mano alla pianta organica della polizia penitenziaria, falcidiata negli anni senza alcuna motivazione logica. Come USPP abbiamo fatto un ricorso, attualmente all'esame del Tar del Lazio, rispetto alla determinazione fatta della pianta organica nel 2017.
Con la legge Madia, infatti, si sono tagliati gli organici portandoli da 45 mila a 41 unità. Un intervento di questo esecutivo ha poi riportato la pianta sopra le 42 mila unità, ma questi numeri sono comunque insufficienti.
Secondo uno studio dipartimentale dell'amministrazione penitenziaria, la carenza di organico attuale supera infatti le 15 mila unità.
Laddove si aprono nuove strutture occorre poi siano assegnate risorse ex novo. Non a caso, una delle proposte che abbiamo presentato, nonostante le difficoltà applicative, riguarda la possibilità di avere una pianta organica flessibile.
L'anno prossimo l'organico aumenterà a livello nazionale di 1.800 unità, ma allo stesso tempo tanti colleghi andranno in pensione. Quello che servirebbe è un aumento massiccio, non inferiore alle 3.000 unità l'anno.
C'è infine un tema di carenza tecnologica che speriamo sia presto affrontato. La carenza di organico rende infatti necessario l'utilizzo di molti dispositivi che oggi non sono disponibili nella misura in cui servirebbero».
Pochi giorni fa l'USPP ha denunciato l'ennesima violenza ai danni di un agente di polizia penitenziaria. Porterete questo punto all'attenzione della presidente Meloni e del sottosegretario Mantovano nell'incontro previsto a Palazzo Chigi il 16 novembre?
«Il tavolo con il presidente Meloni sarà un appuntamento importantissimo che testimonia l'attenzione all'ascolto che stiamo ricevendo anche da parte del ministero della Giustizia e in particolare del sottosegretario Delmastro.
Nel suo discorso di insediamento, il presidente Meloni annunciò l'intenzione di realizzare un piano carceri. Ed è proprio a questo discorso che noi ci rifaremo per ricordare quanto sia fondamentale ripristinare la legalità nei nostri istituti detentivi.
I modelli attuati negli ultimi anni, hanno determinato un innalzamento delle aggressioni, sia dei detenuti contro altri detenuti sia contro il personale di polizia penitenziaria.
Gli agenti che operano rischiano ogni giorno la loro incolumità. Oltre ai fenomeni che le dicevo, infatti, c'è il problema di tutti i detenuti con patologie psichiatriche spesso protagonisti delle aggressioni che avvengono.
Chiaramente questi detenuti richiedono una particolare attenzione medica che non rientra nelle competenze della Polizia penitenziaria. Porteremo questo tema all'attenzione del presidente Meloni».
Quali altre richieste porterete all'attenzione del Governo il 16 novembre prossimo?
«Sicuramente il tema della dignità del lavoro: la carenza di personale determina non solo i problemi che le dicevo prima, ma anche alcuni problemi collaterali come l'allungamento degli orari di servizio e la sempre maggiore necessità di straordinari.
Per garantire la difesa del personale di polizia chiederemo, inoltre, misure legislative di contrasto più incisive, in modo che chi commetta questi atti subisca delle conseguenze penali più rilevanti.
Infine, faremo un passaggio legato alla necessità di finanziare la previdenza complementare. Non solo il potere d'acquisto del personale in servizio è già fortemente compromesso dalla dinamica economica generale, ma con l'attuale sistema pensionistico contributivo c'è il rischio che, al termine di una vita di lavoro, un agente si ritrovi con una pensione solo leggermente più alta di quella sociale.
Questi fondi previdenziali, peraltro, dovevano essere finanziati già 15 anni fa. Credo sia ingiusto trovarsi con una pensione irrisoria dopo aver svolto per tutta la vita un lavoro usurante, fatto di tensioni emotive e di responsabilità importanti.
Voglio concludere, tuttavia, dicendo che nell'incontro daremo atto al Governo di aver finalmente dato al nostro ruolo dirigenziale, quindi al vertice della Polizia penitenziaria, il giusto valore con l'assegnazione di posti di funzione.
Questi posti sono motivo di soddisfazione perché daranno la possibilità a chi dirige oggi il vertice della polizia penitenziaria di poter gestire le unità anche attraverso l'assegnazione in posti che sono strategici per l'organizzazione e per il funzionamento di tutto il sistema».
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