L'emendamento alla manovra di bilancio che rimodula i fondi per la costruzione del Ponte sullo Stretto continua a provocare non poche frizioni tra gli stessi partiti della maggioranza di Governo.
La volontà dell'esecutivo di finanziare parte del progetto del Ponte di Messina attraverso un prelievo di risorse dal Fondo di sviluppo e coesione (Fsc), infatti, non solo ha messo sulle barricate i partiti di opposizione, ma anche il presidente della Regione Sicilia, il forzista Renato Schifani, fortemente contrario alla decisione presa a Roma.
Con lo spostamento di risorse dal Fondo di sviluppo e coesione - previsto dall'emendamento presentato ieri alla manovra - lo Stato riuscirebbe a ridurre gli oneri a suo carico per la costruzione del Ponte sullo Stretto per ben 2.3 miliardi di euro. Di questi, in particolare, 718 milioni di euro arriverebbero dalla quota destinata dal Fsc alle amministrazioni centrali; i restanti 1.6 miliardi sarebbero invece prelevati dalle dotazioni per le regioni Calabria e Sicilia.
La scelta, rivendicata oggi dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, ha però incontrato l'opposizione del presidente della regione Sicilia, Renato Schifani - esponente di Forza Italia - il quale ha espressamente parlato di scelta non condivisa con la sua amministrazione, auspicando peraltro che il ministro «si possa attivare per restituire le maggiori risorse sottratte alla Sicilia».
La redazione di TAG24 ha raccolto il giudizio delle opposizioni, raggiungendo il deputato del Pd Anthony Barbagallo, il quale ha espresso il suo disappunto per la scelta del Governo in questa intervista esclusiva, realizzata nell'attesa del voto in Aula, ritardato a causa «dell'ostruzionismo della maggioranza, che vuole far saltare il voto sul MES a domani, per poi farlo saltare alla prossima settimana».
Onorevole Barbagallo, come commenta la volontà del Governo di finanziare parte del Ponte sullo stretto attingendo alle risorse del Fondo di sviluppo e coesione destinate a Calabria e Sicilia?
«Nulla di nuovo: le coperture per il Ponte non ci sono. Salvini ogni settimana va alla ricerca di nuove risorse e ora, a fronte delle difficoltà di reperire la copertura integrale per l'opera, decide di spostare 1.3 miliardi dalla quota del Fondo di coesione destinata alla regione Sicilia. L'aspetto più paradossale è che il ministro ha preso questa scelta alle spalle del governo regionale siciliano.
Noi lo ripetiamo da tempo: questi fondi spettano alla Sicilia per le infrastrutture, per le urbanizzazioni e per tutti gli interventi necessari, specialmente alle aree interne. Sottrarre i soldi alla regione per un'opera che neanche si sa se verrà mai realizzata è veramente insopportabile.
Voglio ricordare, infatti, che sul Ponte pesano ancora gravi incertezze, come quella relativa al parere di compatibilità ambientale e alla realizzazione dei due piloni alti 400metri in una zona SIC e ZPS».
Cosa pensa delle affermazioni del ministro Salvini, che ha parlato di "compartecipazione ragionevole", dicendo che la Lombardia sarà la regione che più beneficerà dell'opera?
«Certamente non ci aspettiamo che la Lega Nord per l'indipendenza della Padania ora si preoccupi dello sviluppo della Sicilia. Salvini ha illuso più volte il Mezzogiorno, questa è solo l'ennesima conferma».
Come valuta invece la presa di posizione del presidente Schifani?
«Schifani si fa lunghe dormite, ogni tanto si sveglia dal sonno e si accorge di quello che accade. Avrebbe dovuto fare le barricate prima, adesso è un po' tardi».
Come si riflette questo emendamento nei rapporti interni alla maggioranza ?
«In questo centrodestra vedo una maggioranza litigiosissima, soprattutto in Sicilia, con caratteri clientelari. Dunque non mi sorprende questo gioco del posizionamento.
Quello che chiediamo noi è che non vengano distratte risorse destinate alle aree interne e alle infrastrutture della Sicilia, specialmente per un'opera che non ha nessuna certezza di essere realizzata.
Ad oggi il Ponte sullo stretto è solo lo specchietto per le allodole per la campagna elettorale per le europee di Salvini. Niente di più».