In Belgio, la Chiesa cattolica avrebbe venduto circa 30mila bambini per darli in adozione all'insaputa delle loro madri, a partire dal dopoguerra e fino alla fine degli Anni '80. A rivelarlo è stato il podcast "Kinderen van de Kerk" della testata belga Het Laatste Nieuws.
Le storie sono state raccontate per la prima volta ai microfoni del podcast "Kinderen van de Kerk" della testata belga Het Laatste Nieuws. Un gruppo di donne, rimaste in cinta senza marito in un arco di tempo che va dalla fine della Seconda guerra mondiale fino agli Anni '80, sono state collocate negli istituti cattolici fino al momento della nascita dei loro bambini. I loro racconti rivelano particolari raccapriccianti, tra umiliazioni e abusi sessuali, fino alla perdita definitiva degli infanti. I neonati venivano venduti a genitori adottivi per somme anche molte elevate: una stima va dai 10mila e ai 30mila franchi dell'epoca, che corrispondono all'incirca a 250mila e 750mila euro. Nel 2015, la Conferenza episcopale del Paese aveva ammesso le sue responsabilità nella triste vicenda presso il Parlamento fiammingo, scusandosi con le vittime.
Quello che emerge dai recenti racconti sono le brutali modalità con cui avvenivano i distacchi tra le giovani madri e i loro neonati. Molte donne infatti hanno raccontato di aver partorito in anestesia generale o indossando una maschera, per non vedere il nascituro. Ad alcune, veniva detto che il bambino era nato morto, oppure venivano costrette a firmare i documenti con cui rinunciavano alla loro custodia. Altre hanno denunciato di essere state sterilizzate subito dopo il parto. Una serie di abusi, diffusi anche in altri Paesi negli istituti cattolici che accoglievano le ragazze madri. Nel film del 2013 Philomena, diretto da Stephen Frears, viene raccontata una vicenda analoga avvenuta nella "cattolicissima" Iralanda.