05 Jan, 2024 - 17:38

Yield Farming: di cosa si tratta e come funziona

Yield Farming: di cosa si tratta e come funziona

Le criptovalute possono generare ricavi non soltanto riuscendo a lucrare sulla loro differenza di prezzo, ma anche mettendo in atto alcune strategie che sono in grado di remunerarne il semplice possesso. A partire dallo Yield Farming, un sistema che è praticamente mutuato dal mondo bancario, permettendo di depositare i token posseduti su alcune piattaforme, in cambio di una rendita passiva. Prima di pensare ad approfittare di questa opportunità, occorre però cercare di impadronirsi al meglio del concetto e considerare non solo i vantaggi, ma anche i rischi ad essa collegati.

Yield Farming: di cosa si tratta?

Per Yield Farming si intende un sistema che assicura ricompense a chi detiene criptovalute e decide di metterle in deposito, come richiesto su alcune piattaforme, a partire da Aave, Compound, Uniswap e MakerDAO.

Non di rado è indicato anche come liquidity mining e il procedimento che lo caratterizza ricalca da vicino quello che prevede il deposito di soldi su un conto bancario, dal quale scaturiscono interessi. Se nel caso degli istituti bancari tali interessi sono ormai da considerare insignificanti, anche per quanto concerne i conti deposito, nella finanza decentralizzata possono invece raggiungere livelli significativi, permettendo ai detentori di accumulare una rendita passiva.

Lo Yield Farming prevede solitamente l'impiego di token ERC-20 su Ethereum, anche in fase di ricompensa, una caratteristica derivante dal fatto che gran parte delle transazioni che ne prevedono la presenza avvengono sulla Ethereum Virtual Machine.

Per riuscire a ottimizzare i profitti, gli Yield Farmer utilizzano strategie diverse, che possono anche essere combinate tra loro. Ad esempio, molti sono soliti spostare i fondi sul protocollo che si prospetta più vantaggioso in un determinato momento, tecnica nota come crop rotation.

Tra le operazioni più utilizzate, spiccano in particolare la fornitura di fondi alle pool di liquidità e lo staking. Grazie ad esse un gran numero di detentori di token magari intenzionati a fare un investimento a medio-lungo termine sono in grado di tenerli bloccati, guadagnando lo stesso.

Yield Farming: come funziona

Il concetto di Yield Farming è strettamente connesso agli Automated Market Maker (AMM), ovvero agli exchange decentralizzati. Proprio al loro interno sono presenti le pool di liquidità che rendono possibile fare a meno del Book Order.

Le ricompense previste per la fornitura di fondi, sono quelle generate dalle commissioni che gli utenti devono versare per poter condurre le loro operazioni sulla piattaforma. Ogni volta che uno di loro scambia una coppia di token oppure li riceve in prestito, deve versarne una che sarà corrisposta in parte a chi ha fornito la liquidità necessaria. Naturalmente l'entità del premio dipende dalla quota di liquidità versata ad un determinato fondo e dalle regole specifiche del protocollo utilizzato.

I fondi che vengono depositati solitamente sono stablecoin ancorate al dollaro degli Stati Uniti, ad esempio USDT o USDC. All'interno di alcuni protocolli sono inoltre coniate nuove monete destinate a rappresentare quelle messe in deposito.

Per comprendere quanto è possibile guadagnare facendo Yield Farming e se sia realmente conveniente, si possono usare metriche diverse, tra cui spiccano l’Annual Percentage Rate (APR) e l’Annual Percentage Yield (APY). La reale differenze tra APR e APY è da ravvisare nel fatto che il secondo considera anche l'interesse composto, che non è invece oggetto del primo.

I rischi

Naturalmente, trattandosi di operazioni di carattere finanziario, occorre cercare di affrontare il capitolo Yield Farming nella sua interezza, tenendo quindi anche conto dei possibili rischi ad esso collegati. Ad esempio, alcune tecniche tese a massimizzare i possibili ricavi sono abbastanza complicate e dovrebbero essere appannaggio degli utenti più esperti.

Tra le insidie più grandi dello Yield Farming occorre comunque indicare le seguenti:

  • il rischio di liquidazione collegato alla presa in prestito di asset. In queste occasioni è necessario offrire garanzie, come accade nei prestiti tradizionali, anche se sotto forma di token. I prestiti sono solitamente sovracollateralizzati, ovvero serve un importo maggiore di quello preso in prestito e nel caso in cui il livello della garanzia scenda sotto il livello impostato a livello di protocollo, gli asset potrebbero essere liquidati, ovvero ceduti definitivamente a colui che sta prestando;
  • la perdita impermanente, che si verifica quando il prezzo dei token scende rispetto al momento in cui è stata concessa la liquidità.
  • le vulnerabilità degli smart contract, per evitare i quali ci si dovrebbe sempre rivolgere ai protocolli che sottopongono ad audit i contratti intelligenti su cui si fondano le pool di liquidità, in modo da non dover temere attacchi di pirateria informatica tesi a sfruttarle.
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Dario Marchetti
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