Nel 2010 uccise la moglie Carmela Cirillo nella loro abitazione di Feletto Umberto, in provincia di Udine: ecco chi è Salvatore Guadagno e perché si è tornati a parlarne. Ieri, 25 febbraio, l'uomo è uscito dal carcere dopo aver scontato 13 anni di reclusione; ora rivendica la salma della donna morta a discapito dei due figli Pasquale e Annamaria.
Quando uccise la moglie Carmela Cirillo, Salvatore Guadagno aveva 39 anni e lavorava come operaio per una ditta di Feletto Umberto, in provincia di Udine. Ieri, 25 febbraio, è uscito dal carcere in cui era recluso dopo aver scontato 13 anni: al termine del processo con rito abbreviato era stato condannato a 18, ma ha potuto beneficiare di uno sconto di pena per buona condotta (come di recente è accaduto anche a Michele Misseri).
I fatti dei quali è stato riconosciuto colpevole risalgono all'aprile del 2010. Approffittando dell'assenza dei due figli Pasquale e Annamaria, che all'epoca avevano 13 e 18 anni, Guadagno strangolò la moglie, di 38 anni, nella loro abitazione di famiglia e si costituì chiamando i carabinieri. "Mi ha tradito", disse loro, avanzando un movente di tipo passionale.
Sembra che a causa della sua gelosia litigassero sempre più spesso e che Cirillo avesse anche temporaneamente lasciato la casa in cui vivevano insieme, salvo poi tornare sui suoi passi per il bene dei figli. Quarant'anni prima aveva perso la madre Annamaria De Concilio nello stesso, drammatico modo: il padre Raffaele l'aveva ammazzata spingendola giù dalle scale per poi scontare 16 anni di carcere.
Carmela Cirillo lavorava come bidella all'Istituto professionale Cecconi di Udine e ai figli aveva sempre detto di voler essere sepolta a Napoli insieme al resto della sua famiglia.
ha dichiarato il figlio Pasquale al Corriere della Sera, spiegando di essere stato costretto a rivedere il padre dopo tanti anni che non lo faceva per chiedergli il consenso di trasferire la salma della madre. Consenso che lui non avrebbe mai prestato: stando a quanto raccontato dal giovane, Guadagno sarebbe infatti intenzionato a far cremare il corpo dell'ex moglie, "per tenerla con sé, in casa sua".
Una cosa inaccettabile, che per lo Stato avrebbe però il diritto di fare. Così come aveva il diritto di uscire pur non avendo seguito alcun "percorso di redenzione". "Io e mia sorella siamo in pericolo", ha detto il 27enne, che come Annamaria era stato vittima di minacce nel corso del processo.
Subito dopo l'omicidio della madre fu affidato alla famiglia paterna, che lo obbligò a far visita al genitore in carcere. Solo quando raggiunse la maggiore età potè distaccarsi da loro, seguendo la sorella che già se ne era andata di casa e allontanandosi una volta per tutte dal padre.
Il prossimo 11 aprile, su invito della vicepresidente del Senato Maria Domenica Castellone, sarà in Parlamento per la presentazione del libro che ha scritto, dal titolo "Ovunque tu sia": come molti che si sono ritrovati a vivere la sua situazione auspica un miglioramento dell'attuale legge sugli orfani speciali. Legge che prima di lui ha riguardato anche la madre, rimasta senza una figura materna di riferimento per colpa del padre violento.
"Mi appello ai politici, perché qualcuno prenda a carico questa situazione", ha dichiarato facendo riferimento alla questione della salma della donna, che rischia di finire nelle mani dell'uomo che le ha brutalmente tolto la vita in giovane età.