Come pagare meno tasse nel caso in cui si decida di continuare a lavorare dopo la pensione? Ci sono dei trucchetti e strategie che consentono di non versare troppe tasse.
Chi decide di continuare a lavorare dopo la pensione deve prestare massima attenzione all’ammontare di tasse da versare all’Agenzia delle Entrate. Con una corretta pianificazione fiscale e tributaria è davvero possibile risparmiare. Ecco come fare.
Molti pensano che continuare a lavorare dopo la pensione non sia conveniente e comporti il sostenimento di troppe tasse da versare al Fisco. I redditi da lavoro si cumulano con gli assegni pensionistici erogati dall’Inps. La somma si cumula e determina una base imponibile di importo più elevato.
Di conseguenza, le tasse da versare sono piuttosto alte: ciò potrebbe vanificare gli sforzi che vengono fatti giorno dopo giorno proprio per continuare a lavorare. Il lavoratore, con il nuovo reddito maturato, potrebbe pagare una percentuale di tassazione più elevata. Le imposte maggiori devono essere pagate in quanto il reddito guadagnato è maggiore.
Anche dopo essere uscito dal mercato occupazionale, il lavoratore è tenuto al versamento dei contributi, oltre che al versamento delle tasse. Le imposte ed i contributi previdenziali da versare sono gli stessi.
Nel caso in cui si decidesse di lavorare dopo la pensione e si scegliesse di sottoscrivere un contratto di lavoro dipendente, bisognerebbe sommare i redditi da pensione con quelli da lavoro. Nel caso in cui si percepisca una pensione lorda pari a 20mila euro l’anno e si guadagni con il contratto di lavoro dipendente un ammontare pari a 21mila euro, i due redditi si sommano ed il contribuente dovrebbe pagare l’Irpef su 41mila euro di imponibile.
Tenendo conto delle attuali aliquote, il pensionato si troverebbe a pagare il 23 percento sui primi 28mila euro e il 35% sui redditi di importo compreso tra i 28mila ed i 48mila euro. Dal reddito deve essere sottratta l’Irpef in modo tale da computare il reddito netto. I contributi previdenziali sono già stati versati e non devono essere oggetto di detrazione dal reddito del lavoratore.
Un pensionato che decidesse di lavorare anche dopo la pensione potrebbe aprire Partita IVA Forfettaria: in tale caso la tassazione sarebbe di gran lunga più vantaggiosa, ma dovrebbero essere considerati i contributi previdenziali che devono essere versati all’Inps. Sul reddito da pensione, il contribuente paga l’Irpef, ma sul reddito maturato con Partita IVA Forfettaria si paga un’imposta sostitutiva all’Irpef, che è pari al 5% per i primi anni di attività, poi aumenta al 15%.
Le due tipologie di reddito non si accumulano. Il 5% di tasse deve essere computato su un coefficiente di reddittività, che varia dai 40 punti percentuali al 78%, a seconda dell’attività di business espletata. La casistica più onerosa prevede l’applicazione del 78% degli utili maturati. Sulla base imponibile devono essere considerati anche i contributi, che sono pari al 24% per chi è titolare di assegno previdenziale.
Per aprire Partita IVA Forfettaria è necessario soddisfare determinati requisiti: essere residenti sul territorio nazionale, produrre almeno il 75% del reddito nel Belpaese, avere maturato ricavi inferiori agli 85.000 euro, non partecipare a società di persone, non aver beneficiato di altri regimi speciali e non avere partecipazioni di controllo in SRL.
Per aprire una Partita IVA in regime Forfettario è necessario presentare la richiesta all’Agenzia delle Entrate. Per procedere con l’apertura è necessario presentare la carta di identità in corso di validità, e consegnare il modello AA9/12 (persone fisiche) o il modello AA7/10 (soggetti diversi).
Nel caso in cui si decida di aprire una nuova Partita IVA Forfettaria è necessario compilare la dichiarazione di inizio attività, che deve essere consegnata entro un mese dall’avvio dell’attività di business. Alternativamente è possibile presentare l’istanza tramite apposito software dell’Amministrazione tributaria oppure è possibile inviare una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.