Controllare la frequenza cardiaca è importante non solo quando si fa attività fisica, anche quando si è a riposo potrebbero esserci alterazioni da monitorare per escludere eventuali patologie. I valori corretti possono variare in base ad alcuni fattori, soprattutto per l'età.
Vediamo quindi quali sono quelli ideali e quali possono essere le cause delle alterazioni, sia quelle transitorie che non devono destare preoccupazione che altre invece possono indicare che serve un controllo più approfondito.
La frequenza cardiaca a riposo corrisponde al numero di battiti del cuore per minuto in un soggetto che non sta svolgendo alcuna attività sportiva. La misurazione è importante per scoprire se ci sono alcune alterazioni che possono essere segnale di patologie più o meno gravi o da tenere sotto osservazione con controlli. Negli adulti sani il valore dovrebbe essere tra i 60 e i 100 bpm.
Tuttavia questi non sono sempre quelli di riferimento validi per tutti. In base all'età infatti possono rientrare anche in un range più elevato. Ad esempio nei neonati il massimo può arrivare anche a 160. Mentre in genere per le persone sopra ai 18 anni dovrebbe rimanere sempre sotto gli 80. Specialmente se non si fa sport e si ha uno stile di vita sedentario.
Va anche detto che le donne hanno battiti lievemente più alti rispetto a quelli che sono considerati nella norma, dai 2 ai 7 bpm in più. Anche valori bassi, specialmente se restano sotto i 60 non sono sempre ideali ma possono indicare una bradicardia. Sopra i 50 anni i valori si riducono, e nella media sarebbe meglio restare sotto i 70. Una alterazione però può anche non significare che c'è un problema. A volte si tratta di situazioni transitorie che possono variare a causa di fattori esterni o condizioni momentanee.
La frequenza cardiaca a riposo va misurata quando non si sta svolgendo alcuna attività. Il momento ideale secondo l'associazione cardiologi American Heart Association, è la mattina appena svegli poco prima di alzarsi dal letto. Il modo migliore per farlo, attualmente è rappresentato dagli strumenti digitali, come ad esempio gli smartwatch. Accessori sempre più utilizzati anche da chi non fa attività fisica.
C'è anche il metodo tradizionale che consiste nel calcolo delle pulsazioni sul polso. Posizionando il pollice e l'indice in corrispondenza dell'arteria radiale con la mano rivolta verso l'alto. Sarà necessario contare il numero di battiti percepiti in 15 secondi e poi moltiplicare per 4.
Altri strumenti diagnostici più precisi invece possono essere utilizzati dai medici per la misurazione più approfondita. Come l'elettrocardiogramma ed il cardiofrequenzimetro.
Anche chi ha i valori che corrispondono a quelli ideali di frequenza cardiaca a riposo, può soffrire a volte di alterazioni che non necessariamente indicano una patologia. Ci sono infatti fattori esterni che possono ridurre o aumentare i battiti e bisogna tenerne conto prima di allarmarsi.
Tra i principali ci sono soprattutto alcuni medicinali o anche integratori. Gli stimolanti aumenteranno i valori, mentre i farmaci antidepressivi o ansiolitici faranno rallentare i battiti provocando una lieve bradicardia sinusale. Allo stesso modo condizioni di particolare stress emotivo o fisico potrebbero dare origine a risultati fuori norma.
Le alterazioni della frequenza cardiaca possono essere un campanello d'allarme per segnalare patologie che vanno curate. Quindi, escludendo altri fattori, se le misurazioni per molto tempo ed in varie situazioni restano stabili fuori dal range massimo o minimo andrà sicuramente consultato il medico.
Specialmente in situazioni di valori elevati, tachicardia o palpitazioni. Pur essendo anche queste condizioni che si possono presentare senza dover per forza significare che c'è un problema grave, la diagnosi va sempre fatta da medico. Qualsiasi aritmia prolungata infatti, non è da sottovalutare, specie se contemporaneamente ci sono altri segni come dolore al torace, difficoltà a respirare e vertigini.