Uccise tre donne, sciogliendone i corpi nella soda caustica - la sostanza usata per produrre i saponi - per "salvare" i figli da una maledizione. Leonarda Cianciulli è conosciuta ai più come "la saponificatrice di Correggio": ecco la sua storia.
Leonarda Cianciulli nacque a Montella, in provincia di Avellino, nel 1894. All'età di 23 anni - dopo aver intrattenuto una serie di relazioni con ragazzi più grandi - decise di sposare un impiegato del catasto di nome Raffaele Pansardi.
La madre, che l'aveva partorita dopo essere stata vittima di una violenza, trattandola sempre come l'ultima ruota del carro, non partecipò al matrimonio; addirittura, secondo quanto scritto dalla donna in suo memoriale, la maledisse, augurandole una vita di sofferenze.
Un episodio che, insieme alla profezia ricevuta da Cianciulli da parte di una zingara - "Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi" - la cambiò per sempre. Ebbe quattro figli, ma tra aborti spontanei e parti prematuri ne perse 13.
Nel 1930, a causa del terremoto del Vulture, insieme al marito e ai bambini fu obbligata a trasferirsi a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Già condannata per truffa e furto, diede il via a un'attività di compravendita di mobili e vestiti, facendo, a suo modo, fortuna.
Abbandonata dal marito, alla fine degli anni Trenta, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si ritrovò a dover proteggere - da sola - i figli che tanto aveva voluto (il maggiore rischiava di finire al fronte), sviluppando nei loro confronti un attaccamento morboso: fu così che arrivò ad uccidere. Anni dopo avrebbe detto di aver avuto un sogno premonitore, di aver saputo che avrebbe perso un figlio se non avesse compiuto dei sacrifici umani.
Scelse tre bersagli, tre donne: Faustina Ermelinda Setti, Francesca Clementina Soavi e Virginia Cacioppo. Il modus operandi dei delitti, commessi tra il 1939 e il 1940, era sempre lo stesso: Cianculli attirava le vittime nella sua abitazione e, con la promessa di aiutarle a realizzare i loro sogni, organizzava loro false partenze, assicurandogli che una volta arrivate a destinazione avrebbero trovato marito o lavoro, a seconda delle loro esigenze.
A quel punto le convinceva a vendere i propri averi e a compilare delle cartoline da spedire ai conoscenti una volta in cui sarebbero partite; quando tutto era pronto, le coglieva di sopresa, di spalle, con un'ascia, uccidendole sul colpo. Poi ne scioglieva i corpi nella soda caustica, trasformandone il grasso in sapone e il sangue, mischiato con altri ingredienti, in dolcetti da far mangiare a parenti e amici.
Fu scoperta quando la cognata di una delle vittime ne denunciò la scomparsa, iniziando personalmente ad indagare: scoprì così che la donna di Correggio era stata tra le ultime persone a vedere non solo lei, ma anche le altre due donne, scomparse improvvisamente nel nulla.
Nel corso di una serie di perquisizioni nell'abitazione della donna, gli inquirenti trovarono una dentiera e un mucchio di ossa, avanzando il sospetto che negli omicidi potesse essere coinvolto anche il figlio più grande di Leonarda. Per paura che finisse in mezzo, la "saponificatrice", come fu chiamata poi dai giornalisti, confessò tutto, rivelando: "Non ho ucciso per odio o per avidità, ma per amore di madre".
Fu arrestata e trasferita in un manicomio di Aversa (lì scrisse il suo memoriale). Nel 1946 finì a processo e fu condannata a 30 anni di carcere (il figlio assolto). Il 15 ottobre del 1970 morì a causa di apoplessia cerebrale in una struttura psichiatrica di Pozzuoli. Fu sepolta nel cimitero della stessa città in una tomba per poveri; nel 1975, al termine del periodo di sepoltura, nessuno tra i parenti ne reclamò il corpo e i suoi resti finirono nell'ossario comune. A lei ed altri serial killer italiani ed esteri è stata dedicata una mostra.