Continua a far discutere la sentenza con cui la Corte di appello di Torino ha assolto due genitori di etnia rom, ribaltando la condanna che in primo grado li aveva ritenuti colpevoli di maltrattamenti e violenze ai danni delle figlie.
A scatenare il dibattito, il particolare, la motivazione addotta dai giudici, per i quali le violenze ai danni delle minori non costituiscono reato perché da interpretare come l’unico strumento" disponibile per i genitori per "garantire ordine e disciplina in famiglia, con un comportamento che trova la sua ragione nel contesto culturale da cui proviene il nucleo familiare.
L'assoluzione per i due genitori rom stabilita dalla corte di Appello di Torino deriva, pertanto, non dalla non sussistenza del fatto, ma dall'assenza di una "coscienza e volontà" degli imputati di commettere reato, data l'osservata capacità degli stessi di esercitare, nei confronti delle bambine, il "ruolo di genitori amorevoli".
Ad avallare questa tesi, peraltro, anche la deposizione del neuropsichiatra infantile che ha seguito il caso, per il quale quanto accaduto risulta coerente con "il clima di violenza, accettato come un dato di fatto" che connota la vita dei campi rom.
Come inevitabile, la decisione della Corte di Appello di Torino ha immediatamente infiammato anche il dibattito politico. A sollevarsi contro la decisione dei giudici di secondo grado, in particolare, la Lega che ha annunciato la presentazione di un'interrogazione parlamentare sul tema. A spiegare a Tag24 le ragioni di questa decisione, l'onorevole leghista Rossano Sasso:
«Nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura, da parlamentare ho la libertà di ritenere questa sentenza agghiacciante, non solo per come vengono colpite le vittime ma anche per la giustificazione culturale che viene utilizzata, inammissibile in uno stato di diritto. Dire che nel contesto dove sono avvenuti i fatti si usa abitualmente la violenza, anche come metodo correttivo ed educativo nei confronti dei figli, è assurdo.
Tra l’altro, questo caso ha un precedente. Tempo fa, infatti, altri magistrati sono arrivati a giustificare le violenze di un marito, di fede musulmana, contro la moglie. Anche lì si parlò di un contesto culturale dove la donna è considerata inferiore e sottomessa.
Io credo non sia bello vedere che un organo dello Stato giustifichi queste distorsioni culturali e religiose che, evidentemente, contrastano con i nostri costumi e con la nostra civiltà giuridica».
Una distorsione culturale, quella sancita dalla Corte di Appello di Torino con l'assoluzione dei due genitori rom che, secondo il deputato Sasso, non fa i conti con la diffusione di situazioni di illegalità che caratterizza i campi in cui queste persone vivono:
«In questo specifico caso, peraltro, si parla di violenze che si sarebbero perpetuate all’interno di un campo rom. Mi piacerebbe sapere se, chi ha emanato questa sentenza, abbia mai fatto davvero un giro in uno di questi luoghi, dove esistono illegalità diffuse.
Quello che mi sarei aspettato è che queste bambine fossero allontanate da questo contesto e magari affidate a famiglie in grado di crescerle con maggiore affetto. Peraltro, sappiamo bene come non siano rari i casi di minori che non frequentano la scuola e sono vittime del cosiddetto racket dell’elemosina.
Di fronte un fatto simile, accaduto sul territorio nazionale, come parlamentare ho il dovere di esprimere un’opinione ma soprattutto di intervenire. Assolvere un padre o una madre che usa violenza senza pagarne le conseguenze manda un segnale che non mi piace per niente».
Il segnale a cui fa riferimento l'onorevole Sasso riguarda, infatti, la possibilità che il alcuni contesti la violenza possa trovare giustificazione in presunte ragioni culturali:
«Il nostro codice penale parla espressamente di ‘abuso dei mezzi di correzione’. Se oggi un insegnante dovesse dare uno scappellotto ad un alunno rischierebbe un processo penale.
In questo caso, invece, di fronte a violenze importanti reiterate nel tempo, si assolve. In altre parole, questa condotta non sarebbe stata giustificata se ci fossimo trovati di fronte a un genitore italiano o di qualsiasi altra nazionalità dove non si riconosce la violenza come parte del contesto culturale.
Per questo mi rivolgo alla classe politica e alla magistratura: dobbiamo riflettere sul dove siamo arrivati per giustificare delle condotte violente. Questo caso lo dimostra: la Corte di appello di Torino, infatti, prende la sua decisione in virtù del fatto che le condotte violente dei genitori – che in quel contesto culturale rappresentano, a quanto pare, normalità - non cancellano l’amore dimostrato dagli stessi nei confronti dei figli».
Ulteriori chiarimenti sulle motivazioni che hanno portato la magistratura ad assolvere, in secondo grado di giudizio, arriveranno dalle interrogazioni parlamentari che la Lega presenterà al ministro Nordio. Come spiega Sasso, infatti,
«Riteniamo si debbano utilizzare tutti gli strumenti in nostro possesso per chiedere sia al ministro della Giustizia degli approfondimenti sia per conoscere il parere della magistratura sul tema. Dalle notizie che arrivano all’interno della magistratura si è già aperta una riflessione. Per ora attendiamo la risposta che arriverà dalle interrogazioni parlamentari».
Relativamente alle accuse di razzismo che vengono mosse alla Lega, specialmente dopo la presentazione dell'emendamento per garantire il carcere alle donne incinte o madri che si macchino di particolari reati - il riferimento è, in particolare, alle borseggiatrici di etnia rom - Sasso sottolinea:
«Nel fenomeno del borseggio non guardiamo alla differenza di nazionalità. Provi però a chiedere a qualsiasi italiano cosa ne pensa e vedrà che la proposta della Lega viene accettata. Noi non facciamo distinzioni, ma le cronache di tutti i giorni ci dimostrano come questo fenomeno sia particolarmente diffuso presso determinate popolazioni».