Un Mito che compie oggi, 20 luglio 2024, 55 anni. L'allunaggio dell'Apollo 11 del 1969 è un evento-simbolo del Novecento e uno spartiacque nella Storia dell'umanità. Ma un mito è tale anche perché appartiene in parte all'imponderabile, versione idealizzata di un fatto, caricato di significati simbolici. Anche per questo, in questi 55 anni, il dubbio se lo sbarco sulla Luna sia un fatto vero o sia falso si è fatto strada con sempre maggiore insistenza, dando origine a teorie del complotto e vere e proprie fake news.
Ma quando e in che modo sono nati i sospetti su un evento così significativo?
"Questo è un piccolo passo per l'uomo, ma un grande balzo per l'umanità".
È la storica frase pronunciata dall'astronauta Neil Armstrong nel momento in cui proprio lui, uscendo dal modulo lunare Eagle dell'Apollo 11, diventa il primo uomo a mettere piede sulla superficie della Luna seguito poco dopo, dal collega Buzz Aldrin.
Una frase che ha animato i sogni di milioni di ragazze e ragazzi che, da quel 20 luglio 1969, hanno alzato gli occhi al cielo sognando di esplorare lo Spazio, a partire da quel nostro satellite così vicino eppure così lontano. E sicuramente, anche gli astronauti selezionati per la missione Artemis II che, a fine 2024, dovrebbe riportare l'uomo sulla Luna, sono stati ispirati da quel mito.
Tuttavia, non sono pochi a essere convinti che quell'impresa straordinaria del genere umano sia, in realtà, una messa in scena accuratamente congegnata per complesse e mefistofeliche finalità politiche.
Inutile tentare di smontare simili credenze con le prove inconfutabili fornite negli anni dalla scienza. Nel mondo del 'questo lo dice lei' in cui viviamo sarebbe tempo sprecato. Più interessante, invece, è chiedersi come sia nato questo scetticismo, anche per quell'indomita speranza che gli errori del passato non vengano replicati in futuro.
Ecco, dunque, che le prime teorie complottiste sull'allunaggio vedono la luce già all'indomani di quel 20 luglio 1969. Si tratta, per lo più, di opinioni figlie dell'ignoranza dell'epoca, nella quale il viaggio nello Spazio era qualcosa di possibile solo nei film, irrealizzabile nel mondo reale.
Saranno gli anni Settanta, l'epoca dello scetticismo e della sfiducia per gli Stati Uniti, dopo presidenti assassinati (JFK) o dimissionari (Richard Nixon), a vedere l'affermazione delle prime teorie sviluppate intorno all'idea di un complotto ai danni del popolo americano dietro il sogno dell'allunaggio.
Il primo a farsene carico è Bill Kaysing con un libro destinato, in qualche modo, a fare la storia, intitolato semplicemente "Non siamo mai stati sulla Luna. Una truffa da 30 miliardi di dollari" e pubblicato nel 1974.
Un testo che voleva darsi una pretesa di credibilità in virtù del ruolo ricoperto dal suo autore presso un'azienda fornitrice della Nasa, la Rocketdyne. Peccato che l'immagine da presunto 'insider' che Kaysing si era autoattribuito fosse ben lontana dalla verità, dal momento che il suo incarico presso tale azienda terminò nel 1963, ben sei anni prima della missione Apollo 11.
Il suo testo si configura, quindi, come una raccolta delle varie tesi contro la veridicità dello sbarco sulla Luna, alle quali l'autore dà un taglio quasi da romanzo di spionaggio grazie alle doti di scrittore - quelle sì, effettivamente reali - che gli sono proprie.
Fantascienza, dunque, alimentata dal clima di incertezza che gli Usa vivevano al tempo. Un clima che il cinema, in quegli anni, stava raccontando al meglio con pellicole in grado di restituire la paranoia di cui erano vittima i cittadini americani, da "I tre giorni del Condor" a "Perché un assassinio" fino a "La conversazione" e "Tutti gli uomini del presidente".
Inevitabile, dunque, che un film canalizzasse i dubbi sullo sbarco sulla Luna. Si tratta di "Capricorn One" di Peter Hyams nel quale la missione spaziale (destinazione Marte nella finzione cinematografica) non è altro che una messa in scena orchestrata dal governo, che non può permettersi un fallimento di tale portata ed è disposto anche a uccidere gli astronauti coinvolti, se non terranno la bocca chiusa.
La pellicola ottiene un enorme successo e alimenta l'idea che le immagini di Armstrong e Aldrin sul suolo lunare non siano altro che il frutto della bravura di un talentuoso regista (una teoria famosissima, in questo senso, attribuisce il ruolo addirittura a Stanley Kubrick).
Il film di Hyams è, però, un'opera di finzione e non ha la pretesa di essere altro. Certo, intercetta sentimenti di rassegnazione e sospetto diffusi negli Stati Uniti degli anni Settanta, ma non ha la pretesa di dire alcuna verità.
Il motivo per cui le teorie del complotto e le fake news sull'allunaggio di 55 anni fa hanno preso piede in questo modo e si sono rafforzate negli anni, anziché venire 'seppellite' dai dati scientifici che le hanno smentite punto per punto, è da ricercarsi nel ruolo giocato, purtroppo, dai mass media.
Questi, nel tentativo sempre più spregiudicato di massimizzare i profitti attraverso la commistione di informazione e intrattenimento (il cosiddetto 'infotainment'), hanno dato spazio a queste teorie e a chi le sosteneva e sostiene. Mettendole a confronto, da pari a pari, con le verità scientifiche, queste semplici opinioni hanno acquistato credibilità e si sono moltiplicate grazie allo spaesamento di un'opinione pubblica privata di punti di riferimento autorevoli cui affidarsi.
È così, quindi, che un'iniziale opinione pronunciata sottovoce e con un velo di vergogna è diventata una (falsa) verità difesa con veemenza da un numero ancora molto alto di persone.