Lo scorso 12 settembre è uscito nelle principali sale italiane "Speak No Evil", firmato dal regista James Watkins, remake dell'omonimo horror danese del 2022 diretto da Christian Tafdrup. Troviamo uno straordinario James McAvoy nel ruolo del sadico antagonista Patrick Field.
Louise (Mackenzie Davis) e Ben (Scoot McNairy) stanno attraversando un momento estremante critico per il loro matrimonio. Stanno disperatamente cercando di rimanere insieme, tentando ogni via possibile per ritrovare un’armonia che sembra essersi smarrita. Il lavoro di Ben ha generato una crepa quasi insanabile fra i due e prima che lui fosse in grado di accorgersene, la moglie ha ceduto alle avance di un altro. Loro figlia Agnes (Alix West Lefler), di dodici anni, è affetta da una leggera forma di autismo e questo, nel tempo, ha creato non poche tensioni, mettendo già la coppia a dura prova. E così Louise in un momento di debolezza, sentendosi a pezzi e trascurata, aveva commesso l’errore di abbandonarsi a conversazioni lascive col papà di un compagno di scuola della figlia. Una corrispondenza epistolare fitta e intensa fatta di messaggi estremamente espliciti, con scambio di foto intime e il confidarsi l’un l’altro i propri desideri più reconditi, era andata avanti per mesi. E nonostante quei pensieri e quelle confessioni non si fossero mai concretizzati in veri atti di passione sfrenata, non lasciando mai le mura virtuali di una conversazione di WhatsApp, per Ben leggere quei messaggi era stato uno shock sufficiente a destabilizzarlo e spezzargli il cuore. Ferito nell’orgoglio maschile per lui era stato estremamente difficile non andarsene, lasciando la moglie. Eppure è rimasto, provando a fare del suo meglio per ricostruire un legame evidentemente a pezzi.
Così, in questo contesto di disperazione, la coppia decide di partire dagli Stati Uniti per un viaggio estivo in Italia in cerca di rinascita. In un borgo accogliente e silenzioso, nel bel mezzo della campagna italiana immersa tra vigneti e vicoli romantici, tutti e tre sembrano ritrovarsi come famiglia. Ed è a questo punto che casualmente fanno la conoscenza di Patrick (James McAvoy) e Ciara (Aisling Franciosi), una coppia britannica, e di loro figlio Ant (Dan Hough). Quest’ultimo, affetto da una strana disabilità, non riesce a parlare, ma lega subito con Agnes. Patrick è un soggetto particolare: indubbiamente molto attraente, è però un po’ grezzo. Lavora come medico, ma l’abbigliamento spartano e l’atteggiamento istrionico, a volte un po’ rude e di poco tatto, lo fanno sembrare più un uomo di campagna che uno abituato a curarsi degli altri. Difatti, nonostante la professione di lui e i guadagni che ne conseguono, con la compagna Ciara vivono in un rudere spartano disperso nella pianura inglese. I modi ingenuamente e spontaneamente invadenti di Patrick porteranno Louise e Ben a cedere alle sue richieste di passare il resto del soggiorno insieme.
Perciò, a vacanza terminata, tutti e sei si prometteranno di rivedersi proprio a casa di Patrick e Ciara. Per tanto, poco tempo più tardi, Ben, Louise e Agnes si metteranno in macchina per andare a trovare i loro nuovi amici. Ma una volta arrivati sarà subito evidente che il carattere eccessivo di Patrick e l’atteggiamento infantile e poco educato di Ciara, non saranno presagio di un imminente week end disteso e rilassante. Fino a che punto però potranno mai spingersi?
Lo scorso 12 settembre è uscito nelle principali sale italiane Speak No Evil, il nuovo thriller drammatico dalle tinte horror del regista inglese James Watkins con James McAvoy nel ruolo dell’antagonista Patrick Field. La pellicola è un remake dell’omonimo film danese, uscito nel 2022, scritto e diretto da Christian Tafdrup. James Watkins ha deciso di riprendere in mano una sceneggiatura già di per sé solida e di riscriverne il finale, dandogli un significato più giustizialista rispetto all’originale. Ciò che ho maggiormente apprezzato di questo rifacimento è il conferire a tutta la trama un senso più evidente: se nella prima versione ti ritrovi ad assistere ad un dramma disturbante che si consuma senza alcuna ragione apparente, alla maniera di Funny Games, in questo adattamento non fai fatica a seguirne la narrazione che ti conduce dritto agli ultimi venti minuti, dove finalmente trovi delle risposte che spieghino più chiaramente le ragioni di ciò che è accaduto.
Ricordo bene che il lungometraggio di Tafdrup lo trovai addirittura insopportabile e neppure le ultime scene riuscirono a lasciarmi una qualche forma di sollievo. Ma per quanto lo abbia detestato, non potei non riconoscerne la genialità e la potenzialità del soggetto. Ed è proprio nell’operato di Watkins che ne ho finalmente trovato conferma. Se primo e secondo atto sono pressoché identici nello sviluppo narrativo, con le dovute differenze di regia, è nella terza e ultima parte che la storia viene stravolta totalmente adattandole un epilogo più esaustivo e chiaro. So che la chiave del lungometraggio di Tafdrup risiede proprio nel finale, incarnando perfettamente tutto quel filone di horror dove quel che vedi non ha alcuna motivazione se non quella di provocarti sconcerto e disagio, lasciandoti senza neanche un briciolo minuscolo di speranza, ma personalmente non amando quel genere ho preferito di gran lunga il remake di Watkins. Inoltre la qualità l’ho trovata nettamente superiore sotto tanti aspetti, a partire dall’insuperabile interpretazione di James McAvoy che in alcuni fotogrammi ben precisi rimanda irrimediabilmente a Jack Nicholson in Shining nell'iconica scena della porta.
Dall’inizio alla fine questo film ti tiene incollato allo schermo, non perdendo mai un attimo la suspense dovuta, in un crescendo di tensione e fastidio. Per quanto la trama sia fine a se stessa, finalmente ho potuto assistere a un horror davvero ben fatto come non ne vedevo da un po’. Si tratta di puro intrattenimento adrenalinico, fatta eccezione per uno spunto di riflessione: quanto la paura di esporre i nostri pensieri e punti di vista, di mostrare dissenso e rifiuto, di dire no nettamente per evitare di far brutta figura, ci può lasciare addirittura in balia di seri pericoli? Forse, per quanto la buona educazione sia fondamentale e purtroppo ormai spesso dimenticata, dovremmo imparare a porre un freno sul nascere, quando necessario. Quattro stelle e mezzo su cinque.