Addio keybox e identificazione da remoto per il check-in: due sole misure, ma una vera rivoluzione per il comparto degli affitti brevi, i cui rappresentanti non a caso protestano da giorni contro quella che viene ritenuta una decisione lesiva dei loro interessi e, in un certo senso, "antimoderna".
Con una circolare, il capo della Polizia Vittorio Pisani ha infatti vietato l'utilizzo delle pulsantiere che, apposte all'ingresso delle strutture ricettive, permettono agli utenti di accedere autonomamente all'alloggio prenotato tramite piattaforma.
A motivare la decisione del Viminale, la necessità di garantire un più accurato controllo dell'identità dei turisti, tutelando l'ordine e la sicurezza pubblica dall'eventuale «alloggiamento di persone pericolose o legate a organizzazioni criminali o terroristiche», specialmente in vista dell'imminente Giubileo.
La scelta del Viminale di vietare le keybox ha immediatamente provocato la reazione delle associazioni rappresentative dei proprietari che ricorrono agli affitti brevi.
Dall'altro lato, l'indirizzo intrapreso dal ministero degli Interni ha per una volta incontrato il plauso di tutta la politica. A complimentarsi con la decisione del capo della Polizia, per prima, la ministra del Turismo Santanché, seguita dai colleghi di Fratelli d’Italia e Forza Italia, e dai sindaci di centrosinistra delle città più impattate dal fenomeno dell’overtourism, come Firenze, Roma e Milano. Unica voce fuori dal coro quella della Lega, contraria a una misura «che rischia di alimentare il nero e di penalizzare ulteriormente il diritto di proprietà».
A ribadire queste ragioni, spiegando alla redazione di Tag24 perché la decisione di vietare le keybox e impedire i check-in da remoto sia sbagliata e controproducente, Marco Celani, Presidente di AIGAB – Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi.
«Siamo imprenditori e per conto dei proprietari italiani gestiamo le loro seconde case tramite affitti brevi, una forma di sharing economy (che incide sul PIL per 57 miliardi tra prenotazioni dirette e indotto) sempre più utilizzata soprattutto da viaggiatori internazionali.
Vediamo questa stretta agli affitti brevi come un vero e proprio attacco alla classe media che ha bisogno di mettere a reddito i propri immobili per integrare i loro redditi. Posso noleggiare un'auto attraverso il riconoscimento biometrico ma non vale altrettanto per entrare in un appartamento; si chiama discriminazione. O questi principi valgono per tutta la sharing economy, oppure torniamo agli anni trenta del secolo scorso».
Relativamente ai problemi di sicurezza che porrebbero i check-in da remoto, così come affermato dal Viminale, Celani si dice sicuro questi possano essere risolti tramite i più avanzati sistemi tecnologici:
«Come gestori professionali siamo i primi a dire no a locker e keybox con le chiavi disseminate per le città. Tuttavia ci appare assurdo vietare il check-in da remoto con riconoscimento e verifica dell’identità digitale tramite sistemi avanzati che prevedono la scansione del documento di riconoscimento dell’ospite, il confronto biometrico mediante fotografia effettuata dall’ospite e l’invio di un messaggio OTP e/o videocall da parte di un operatore. Procedure del tutto assimilabili ai processi di riconoscimento mediante SPID adottati dalla PA, a quelle per ottenere PEC, aprire conti correnti, noleggiare un’auto e così via.
Innovazione e tecnologia sono di supporto alla sicurezza e alle forze dell’ordine. Il riconoscimento dell’ospite è un'attività che i property manager seri - e devo dire anche la maggior parte dei proprietari - fa da anni, almeno dal 2018. I più organizzati anche da prima, tant'è vero che per esempio la mia società ha contribuito all’identificazione di persone sgradite collaborando attivamente con la Questura di Milano. Inviando le generalità degli ospiti un secondo dopo aver effettuato il riconoscimento, anche da remoto, prima ancora che gli ospiti si presentino, consente alla polizia di intervenire in tempo reale».
La circolare emanata dal capo della Polizia Pisani per vietare l'uso delle keybox, tuttavia, ha ottenuto l'appoggio trasversale della politica, con l'unica eccezione della Lega di Matteo Salvini. Interrogato a proposito di questa particolare convergenza, il presidente di AIGAB commenta:
«Riteniamo che il Ministero dell'Interno, nell’emanare questa circolare, non sia a conoscenza del fatto che già oggi la maggior parte degli operatori utilizza degli strumenti di riconoscimento digitale dell'ospite, in tutto e per tutto assimilabili allo SPID, a ciò che consente di accedere all'autonoleggio piuttosto che ai sistemi di pagamento on-line.
Viceversa, siamo d'accordo sul fatto che vengano effettuate restrizioni rispetto ai locker per strada o a coloro che non hanno nessun tipo di contatto e che quindi non sanno chi entra in appartamento.
Davvero la politica è così miope da non capire che gli affitti brevi sono uno strumento di imprenditorialità e un vero e proprio ammortizzatore sociale per tante famiglie italiane? I gestori professionali, ricordiamolo ancora una volta, operano a supporto di singoli proprietari e di famiglie che grazie agli affitti brevi arrivano più serenamente alla fine del mese. È un reato?».
La scelta di limitare gli strumenti a disposizione dei proprietari o delle organizzazioni che gestiscono gli affitti brevi, bloccando la possibilità di riconoscimento a distanza, è per Celani pertanto qualcosa di incomprensibile, specialmente nell'epoca della digitalizzazione di tutti i servizi:
«Quello degli affitti brevi è un settore purtroppo spesso utilizzato come foglia di fico per problemi strutturali del Paese.
Dopo l’obbligo di estintori con gittata di 40 metri, rilevatori di monossido ecc, ora per fare affitti brevi chiedono il riconoscimento fisico in presenza degli ospiti. Quasi tutti, per il riconoscimento dell’ospite, utilizzano tecnologie simili a quelle delle banche, delle società di autonoleggio, della telefonia. L’assurdo è che andiamo in ogni settore verso la digitalizzazione e invece solo i proprietari dovrebbero tornare al fisico.
Come Associazione rappresentiamo circa 600mila famiglie che fanno ricorso agli affitti brevi, 30mila imprenditori e 150mila dipendenti diretti. Lo scorso anno il settore ha prodotto 11miliardi di PIL diretto da prenotazioni e 46 di indotto. Portiamo valore e non chiediamo sussidi».
Ma quali ricadute avranno le novità introdotte dalla circolare del Viminale? Celani non si sbilancia, ma l'indirizzo è chiaro:
«Escludere il solo settore degli affitti brevi dall’utilizzo delle forme di riconoscimento a distanza appare discriminatorio per proprietari e imprenditori. È partito un attacco sistematico alla proprietà privata e alla libertà d’impresa. Dei locker abbiamo detto, quanto ai check-in in forma digitale, prima di pensare alle ricadute confidiamo che il Governo accolga le nostre istanze.
Diversamente a rimetterci sarà il ceto medio italiano, fatto di proprietari e imprenditori, che ha necessità di mettere a reddito i propri immobili e sapere che, come nel resto del mondo, il riconoscimento digitale è lecito e sicuro».
Se le limitazioni introdotte attraverso il divieto di keybox e di riconoscimento a distanza mirano a tutelare la sicurezza pubblica, rafforzando i controlli su ospiti e utenti, rimane aperta la discussione su come limitare gli effetti negativi che il fenomeno dell'overtourism sta creando nelle grandi città italiane. Interrogato a proposito, il presidente dell'Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi è deciso:
«Sa cosa possiamo fare di estremamente concreto per combattere l'overtourism? Incominciamo a vietare le crociere per esempio, che invadono le città italiane senza portare nessun valore aggiunto a Firenze, a Roma ecc. A Barcellona su 12 milioni di arrivi, 3,6 milioni sono dalle crociere. Chiudiamo le crociere e vedrete che l’overtourism diminuisce in modo radicale.
Torniamo ai proprietari dei tanti immobili italiani: ricordo che in Italia abbiamo quasi 10 milioni di immobili vuoti di cui destinati agli affitti brevi sono poco più di mezzo milione.
Forniamo ai proprietari degli immobili italiani la possibilità di poter evitare di pagare canoni su redditi non percepiti quando c'è un’insolvenza e, vedrete, che ci sarà molta più disponibilità di alloggi per le cosiddette locazioni tradizionali. Le case rimangono vuote perché in Italia la legge non tutela i proprietari in caso di insolvenza, non perché si spostano da un mercato all’altro. Abbiamo appena fatto uno studio da cui è emerso che solo il 2% delle case che sono nel breve termine arrivano dal mercato di lungo termine, il che dimostra che si tratta di mercati non correlati».