20 Dec, 2024 - 16:42

Cosa ha stabilito la sentenza della Cassazione su migranti e Paesi sicuri

Cosa ha stabilito la sentenza della Cassazione su migranti e Paesi sicuri

La determinazione dei Paesi Sicuri spetta al Governo e i tribunali non possono mettere in discussione tali scelte, ma possono disapplicarle in casi eccezionali se nella valutazione dei singoli ricorsi dovessero ritenere l'esistenza di un pregiudizio per la sicurezza del ricorrente.

Con la sentenza pronunciata ieri, giovedì 19 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha messo alcuni punti fermi sulla gestione dei rimpatri per i richiedenti asilo e sulle competenze di Governo e Tribunali per la determinazione dei 'Paesi sicuri', ovvero, quegli Stati in cui è possibile rimpatriare i migranti irregolari senza mettere in pericolo la loro sicurezza.

Una sentenza che – in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia Europea – ribadisce alcuni punti già emersi nel corso dell'acceso dibattito che negli ultimi mesi ha accompagnato l'avvio dell'Operazione Albania da parte dell'esecutivo nazionale, con i primi due trasferimenti di migranti richiedenti asilo negli centri per il rimpatrio italiani in Albania.

Sono state diverse e differenti le reazioni della politica alla sentenza dei giudici romani interpretata sia dalla maggioranza che dall'opposizione come una vittoria della propria linea.

Ecco allora che cosa ha deciso ieri la Corte di Cassazione e come i partiti hanno reagito alla sentenza.

Paesi sicuri, cosa ha stabilito la Cassazione?

La sentenza in questione è riferita al rinvio pregiudiziale presentato nel luglio del 2024 dal Tribunale Civile di Roma in merito al ricorso di un migrante tunisino oggetto di una misura di rimpatrio.

Si tratta, quindi, di una vicenda antecedente allo scoppio del caso Albania e di conseguenza all'approvazione da parte del Governo italiano della lista dei 19 Paesi sicuri che risale a ottobre 2024.

Il ricorso è antecedente anche alla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre 2024 in cui vengono 'aggiornati' i criteri per la determinazione della sicurezza di uno Stato.

Il quadro normativo di riferimento del ricorso di conseguenza è il decreto interministeriale del Ministro degli Esteri contenente l'elenco (poi aggiornato) dei Paesi sicuri per i rimpatri.

Nello specifico la Corte di Cassazione ha stabilito che il compito di stabilire quali Paesi siano considerati sicuri per il rimpatrio dei migranti richiedenti asilo spetta al Governo in quanto si tratta di una 'scelta politica'. I giudici ordinari devono attenersi alle decisioni del Governo e applicarle.

La sentenza, però, specifica anche il giudice può disapplicare tali direttive qualora, nell'esame del singolo caso, dovesse riscontrare un pregiudizio per la sicurezza o per il rispetto dei diritti fondamentali del richiedente asilo qualora venisse rimpatriato nel proprio Paese d'origine.

In pratica se nella valutazione del singolo ricorso, in base alle evidenze in suo possesso, il giudice ritiene che il rimpatrio possa rappresentare un pericolo per la sicurezza del migrante, può annullare il provvedimento, anche se il paese di provenienza figura tra quelli considerati sicuri dalla legge italiana.

In tutti gli altri casi, o in mancanza di prove evidenti, il giudice non può sostituirsi al Governo o annullare gli effetti degli atti governativi.

Gli effetti della sentenza sul caso Albania

Il contesto del ricorso è antecedente all'esplosione del caso Albania, ma gli effetti sono attualissimi e si intrecciano con i ricorsi presentati dal Tribunale di Roma alla Cassazione e alla Corte di Giustizia Europea.

Quando si parla di caso Albania si intende lo scontro tra magistrati e Governo innescato dall'avvio – lo scorso ottobre – dei primi trasferimenti di migranti richiedenti asilo negli hotspot italiani in Albania in attesa di essere rimpatriati nei loro paesi di origine.

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengjin in Albania

I giudici della Sezione speciale per l'immigrazione del Tribunale di Roma decisero di annullare i trasferimenti perché – alla luce di quanto stabilito dalla sentenza del 4 ottobre della Corte Ue – i migranti interessati (circa una ventina) provenivano da due Paesi, Egitto e Bangladesh, giudicati non sicuri.

Una decisione contro cui il Governo si è opposto, approvando la Lista dei Paesi Sicuri (in cui figurano anche i due stati sopra citati) e un ricorso in Cassazione per chiedere l'attuazione della legge italiana.

A loro volta i giudici romani hanno presentato un ricorso alla Corte di Giustizia Europea per chiedere un chiarimento su quale sia la norma da applicare per la valutazione delle richieste d'asilo.

In attesa del pronunciamento di entrambe le corti, la sentenza di ieri della Suprema Corte ha avuto il merito di chiarire il rapporto tra Governo e magistratura e le rispettive competenze e prerogative, stabilendo che il giudice ordinario non può annullare il decreto ministeriale che impone un regime differenziato per le domande di asilo da Paesi sicuri, ma di fronte a un ricorso "può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità" per la designazione dei Paesi sicuri ed eventualmente "disapplicarla".

Una sentenza che potrebbe influire sulle prossime mosse del Governo in merito alla ripresa dei trasferimenti dei migranti negli hotspot albanesi e di cui i giudici dei tribunali civili dovranno tenere conto nelle prossime sentenze relative ai rimpatri.

Come hanno reagito maggioranza e opposizione?

La sentenza di ieri della Cassazione ha suscitato reazioni opposte nei partiti italiani. La maggioranza sottolinea la conferma da parte dei giudici romani della legittimità della Lista dei Paesi Sicuri affermando la prerogativa del Governo di legiferare in materia.

Dall'opposizione, invece, si evidenzia l'apertura della Cassazione alla possibilità per i tribunali civili di disattendere la legge italiana in ottemperanza alle direttive Ue, qualora si riscontrasse un pericolo per il ricorrente.

Secondo il deputato di Fratelli d'Italia Manlio Messina intervistato dall'inviato di Tag24.it, Michele Lilla, il verdetto della Cassazione dimostra che il Governo ha ragione sul caso Albania.

virgolette
La Corte di Cassazione ha dato ragione al Governo Meloni: l'individuazione dei Paesi Sicuri non compete ai giudici ma alla politica. Fratelli d'Italia andrà avanti, abbiamo preso un impegno con gli italiani, ovvero, contrastare i trafficanti di uomini.

Il senatore Lucio Malan aggiunge:

virgolette
La Cassazione dice che sui paesi sicuri deve decidere il Governo, non i giudici. Dunque, la colpa dell’andirivieni dei migranti dall’Albania è dei giudici che si sono appropriati di prerogative non loro e la responsabilità politica è della sinistra che ha fatto loro da cheerleader.

Il deputato del Movimento 5 Stelle Alfonso Colucci, capogruppo in Commissione Affari Costituzionali, invece, ha sottolineato come la Cassazione abbia confermato la legittimità dei giudici di valutare l'effettiva sicurezza dei Paesi di rimpatrio.

virgolette
La Corte di Cassazione ha ribadito che il giudice ha la facoltà di valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione sui Paesi sicuri ed eventualmente disapplicare il decreto ministeriale recante la lista dei Paesi sicuri, qualora questa contrasti in modo manifesto con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale. 

Il segretario di +Europa Riccardo Magi, infine, ha dichiarato:

virgolette
Insomma: nessun decreto potrà sottrarre ai giudici il potere/dovere di verificare, di fronte a casi specifici, la drammatica realtà di Paesi che sono sicuri solo nella testa di Meloni, Piantedosi e Salvini. Giorgia Meloni e Piantedosi evitino ora di fare vittimismo e cancellino quella lista che ha il solo obiettivo di far funzionare i centri in Albania.

La sentenza della Cassazione sui migranti in sintesi

Ecco una sintesi in 5 punti della sentenza della Corte di Cassazione sui rimpatri e i Paesi sicuri:

  1. Competenza del Governo sui Paesi Sicuri: La Corte di Cassazione ha stabilito che spetta al Governo italiano determinare quali Paesi siano considerati sicuri per il rimpatrio dei migranti, in quanto questa è una "scelta politica" che i giudici devono rispettare.
  2. Possibilità di disapplicazione in caso di pericolo: I tribunali ordinari possono disapplicare la lista dei Paesi sicuri se, nel caso specifico, ritengono che il rimpatrio possa mettere a rischio la sicurezza del migrante o violare i suoi diritti fondamentali.
  3. Implicazioni sul caso Albania: La sentenza si inserisce nel contesto del "caso Albania", che ha visto il trasferimento di migranti in Albania per il rimpatrio. Alcuni tribunali italiani avevano contestato l'adeguatezza dell'Albania come Paese sicuro, ma la Cassazione ha confermato la validità della lista del Governo, pur con la possibilità per i giudici di intervenire in casi specifici.
  4. Reazioni politiche contrastanti: La maggioranza, in particolare Fratelli d'Italia, ha interpretato la sentenza come una conferma della legittimità delle scelte politiche del Governo. L'opposizione, invece, ha sottolineato il ruolo dei tribunali nel verificare la sicurezza effettiva dei Paesi di rimpatrio, criticando la lista dei Paesi sicuri proposta dall'esecutivo.
  5. Prossimi sviluppi legali: La sentenza arriva in un periodo di incertezze legali, in attesa della risposta della Corte di Giustizia Europea. La questione dei Paesi sicuri e dei rimpatri resta centrale nelle politiche migratorie italiane e nell'interpretazione delle leggi da parte dei tribunali.
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Maria Rita Esposito
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