È l’inizio di maggio del 1860 e mille uomini si stanno preparando per affrontare un’impresa monumentale; guidati da Giuseppe Garibaldi (Tommaso Ragno) e dal tenente colonnello Vincenzo Orsini (Toni Servillo), la notte tra il 5 e il 6, salperanno dal porto di Genova, che si trova nel quartiere “Quarto al Mare”, per raggiungere furtivamente la Sicilia. Diretti a Marsala, l’obiettivo è ormai chiaro: liberare i siciliani dall’oppressione dell’impero borbonico, accogliendo le numerose e incessanti rivolte popolari, per poter finalmente creare un unico Regno d’Italia.
Tra questi mille valorosi, ma inesperti, soldati, che si sono offerti volontariamente per arruolarsi, ce ne sono due un po’ bislacchi. Il primo si chiama Domenico Tricò (Salvatore Ficarra), contadino, scappato dieci anni fa dalla sua Sicilia in cerca di fortuna, per poter guadagnare a sufficienza e poter sposare la sua fidanzata. Il secondo, Rosario Spitale (Valentino Picone), abile baro e prestigiatore, è un poco losco; ha un buffo accento nordico, ma è come se stesse nascondendo la sua vera inflessione dialettale per non far capire da dove arriva.
Entrambi posseggono più cose in comune di quel che ci si potrebbe aspettare. Ma i due saranno davvero interessati all’unità d’Italia? O, piuttosto, stanno solo cercando di scroccare gratis un passaggio in nave?
Quel che ormai è abbastanza chiaro, guardando la filmografia di Roberto Andò, è che possiede un piccolo debole artistico per Toni Servillo; L’Abbaglio è il quarto film del regista, che ha da poco compiuto sessantasei anni, che vede l’attore campano tra i ruoli principali. In quest’ultimo lungometraggio, girato in diverse zone della Sicilia, come Marsala e Palazzo Adriano, Andò tenta nuovamente un esperimento già riuscito nel 2022: far recitare Servillo a fianco del duo comico formato da Salvatore Ficarra e Valentino Picone. Proprio come ne “La Stranezza”, uscito nelle sale italiane appena due anni e tre mesi fa, viene presa una figura storica siciliana, realmente esistita, e accostata a due personaggi di fantasia.
La sceneggiatura di entrambe le pellicole, sia de “La Stranezza” che de “L’Abbaglio”, è scritta dallo stesso Andò insieme a Ugo Chiti e a Massimo Gaudioso; ma se nella prima troviamo un Pirandello cinquantenne, curioso e divertito dal fortuito incontro di due teatranti dilettanti, nel secondo ci imbattiamo nel rigido e tutto d’un pezzo tenente colonnello Vincenzo Giordano Orsini, palermitano trapiantato a Napoli, che durante la spedizione dei mille, sostenendo Garibaldi, si ritroverà alle prese con un paio di furbi disertori, precedentemente arruolati per l’impresa italica più importante dell’800.
“L’Abbaglio”, dunque, è un’opera a metà tra la ricostruzione di un evento storico e una commedia comica, ma con la classe e la maestria di un grande professionista che con molta attenzione fa in modo che non si scada mai nella comicità da giullare. Del resto Roberto Andò ormai lo possiamo reputare, a tutti gli effetti, parte del patrimonio culturale siciliano, con la sua lunga carriera non soltanto da regista, ma anche da sceneggiatore, scrittore e direttore artistico. Tra gli attori del cast figura anche sua figlia Giulia, esattamente come ne “La Stranezza”, che interpreta una delle parti principali. Il film è recitato sia in italiano che in dialetto palermitano.
La fotografia sapiente di Maurizio Calvesi ci regala un viaggio ancor più splendido e poetico tra le zone più naturalistiche di una Sicilia incontaminata, ma anche fra i piccoli borghi bellissimi e, infine, a Palermo nella sua stupenda piazza Pretoria. I dialoghi tra Orsini e Garibaldi lo fanno apparire, a tratti, più come una commedia per il teatro che per il cinema, ma per me questa non è di certo una nota di demerito. Recitato molto bene da tutti gli attori, devo però puntare l’accento su uno straordinario Servillo che, ancora una volta, ci regala un’interpretazione sublime ed esaltante.
Passiamo ora a Ficarra e Picone: essendo conosciuti prevalentemente come duo comico, ci si potrebbe aspettare una recitazione mediocre, ma come già dimostrato in precedenza sono entrambi degli ottimi interpreti. A questo punto è abbastanza chiaro, dunque, che se diretti da un regista abituato a lavorare in teatro la resa sarà massima. E difatti in questo lungometraggio non soltanto non sfigurano affatto di fianco agli altri professionisti, ma lasciano addirittura il segno. “L’Abbaglio” non sarebbe la stessa cosa senza loro due a tenerci incollati allo schermo.
Sarà perché sono nata Palermo, o perché una scena a Palazzo Adriano è stata girata davanti casa di mio nonno, ma oltre ad avermi divertita, mi ha anche scaldato un po’ il cuore. Divertente, intenso, brillante. Quattro stelle su cinque.