Bancha, il romanzo di Micaela Giambanco, edito da Giovane Holden Edizioni, rappresenta un'opera di notevole spessore, che con la sua narrazione avvincente e sensibile, riesce a esplorare le dinamiche umane, le relazioni interpersonali e il significato della ricerca di sé in un mondo in continuo cambiamento.
Fine anni Novanta. Roma. Una giovane donna decisa e indipendente vive in una splendida proprietà di trenta ettari, ha davanti a sé la prospettiva di un futuro da dirigente in una delle più famose e importanti aziende import-export italiane ed è sentimentalmente legata a un ragazzo di buona famiglia. Cresciuta con il nonno paterno, manager d'assalto e poco incline alle effusioni, non ha comunque particolare curiosità di conoscere la storia dei suoi genitori: sa solo che il padre è deceduto in Giappone quando lei era molto piccola. A destabilizzare lo status quo è l'arrivo di una lettera inviatale dal nonno materno: una sola grande bugia e tutto il suo passato e il suo futuro sono compromessi. Decisa a conoscerlo, intraprende un viaggio in Giappone. Avrà modo di conoscersi come una donna diversa e, come nel kintsugi della tradizione giapponese, dove la ceramica in frantumi viene ricomposta e impreziosita con l'oro, sarà lei a dover rimettere insieme i frammenti della sua vita rendendola più ricca di quella finora vissuta.
La storia si dipana attraverso un'analisi profonda delle emozioni, dei sogni e delle paure della protagonista, creando un legame immediato tra il lettore e la narrazione. Micaela Giambanco tiene infatti il lettore incollato alle pagine, sfruttando un linguaggio evocativo e ricco di immagini, capace di trasmettere intensamente gli stati d'animo della figura femminile principale.
Uno degli elementi più riusciti di Bancha è l'abilità dell'autrice di rappresentare il concetto di "casa" non solo come luogo fisico, ma anche come spazio emotivo. La scrittura dell'autrice, è poi caratterizzata da una prosa fluida, in grado di suggerire atmosfere vibranti e dimostrando una certa padronanza del ritmo narrativo, tant'è che la Giambanco alterna alla perfezione momenti di grande introspezione a scene di forte tensione drammatica. Ciò consente al lettore di immergersi completamente nella vita della protagonista, facendosi portavoce delle sue gioie e delle sue sofferenze.
Il bancha è un tè molto diffuso in Giappone, dove rappresenta la seconda varietà più consumata nelle abitazioni nipponiche. Il termine bancha si traduce in "tè ordinario", perché si tratta di una bevanda comune e accessibile a tutti. Quindi, già il titolo del romanzo suggerisce una dimensione di introspezione e di crescita. La parola evoca infatti immagini di calma, di riflessione e, in un certo senso, di purificazione. Motivo per cui il processo di scoperta interiore e di accettazione di sé che la protagonista vive durante il romanzo non è mai semplice o lineare, ma è costellato di ostacoli e rivelazioni.
C'è una profonda emozione che si evince in ogni riga del testo e va da sé che trasmette la grande passione che l'autrice nutre per le affascinanti tradizioni giapponesi. Bancha è pertanto un romanzo in cui il lettore riesce veramente a percepire gli aromi e i sapori del Sol Levante. Il romanzo ha quindi il pregio di riflettere la stessa filosofia che si può ritrovare nell'izakaya di Micaela Giambanco (Mikachan), sita nell'affascinante cornice di Roma, dove celebra la tradizione culinaria giapponese in una forma autentica e coinvolgente.
Micaela Giambanco sa toccare corde profonde dell'animo umano e chiunque sia in cerca di una lettura in grado di stimolare mente e cuore, troverà in Bancha un'esperienza indimenticabile.